sabato 28 novembre 2009

consigliamo

www.mtdem.it con mailing list rete@musicoterapiademocratica.net

www.nidil.cgil.it con link rete dei professionisti precari

musicoterapia

FORUM MUSICOTERAPIA
Forum Nazionale per la diffusione della musicoterapia nella specificita' delle varie aree di intervento: preventiva, integrativa, abilitativo-riabilitativa, terapeutica.

Aperto a operatori del settore, utenti, famiglie, istituzioni, enti locali, associazioni, realta' politiche e sociali interessate a promuovere ed a diffondere la musicoterapia in Italia ed in Europa, nella tutela dell'utenza e della professione.


Da oltre 15 anni, nel panorama educativo, riabilitativo e terapeutico del nostro paese in molti contesti, si stanno realizzando iniziative che utilizzano l'elemento musica non soltanto come forma espressiva individuale o di gruppo, ma anche e sopratutto come elemento di comunicazione non verbale, di espressione delle emozioni, di sviluppo affettivo e cognitivo, di armonizzazione dell'individuo con l'ambiente circostante.

Numerosi gruppi di ricerca sono nati in questi anni spontaneamente in ogni parte d'Italia, sollecitati incessantemente da utenti, famiglie ed istituzioni interessate ad integrare le tradizionali discipline riabilitative con un approccio complesso, globale ed interdisciplinare in grado di favorire la sviluppo di tutte le potenzialita' psicocorporee della persona, qual è la musicoterapia.
La molteplicità di tali interventi, la varietà delle metodologie di riferimento, la diversità degli ambiti di applicazione, la disparità della formazione professionale, la carenza di pubblicazioni sulle ricerche e sui risultati ottenuti, hanno impedito una corretta trasmissione di informazioni sulla giovane disciplina musicoterapica.
E' proprio nella necessità di diffondere in maniera finalmente chiara e corretta la disciplina musicoterapica e le sue applicazioni che sentiamo il bisogno realizzare un FORUM SULLA MUSICOTERAPIA quale momento di riflessione e confronto.

Questo forum nasce dalla necessità di chiarire finalmente una confusione di ruoli ed ambiti di intervento che, a nostro parere, ha contribuito al mancato riconoscimento della disciplina musicoterapica e della figura professionale del musicoterapista, tale confusione ha inoltre reso difficile la collaborazione con altre figure professionali in ambito medico e non.
Con questo documento desideriamo diffondere l'utilizzo della musicoterapia in ambito preventivo-integrativo ed abilitativo-riabilitativo; riteniamo infatti che con buona informazione si possa far luce sulla grande qualità dell'intervento musicoterapico, che quando eseguito da specialisti che abbiano alle spalle una seria formazione professionale, è in grado di aiutare i diversamente abili di ogni età, gli anziani e molte altre categorie di persone sofferenti.
L'Italia purtroppo non offre particolari interventi nell'ambito abilitativo-riabilitativo, fatta eccezione dei logopedisti, dei rari psicomotricisti (non ancora riconosciuti), dei fisioterapisti, dei terapisti occupazionali; l'azione dei musicoterapisti si situa in una prospettiva inter e trans-disciplinare all'interno del lavoro d'equipe a favore dei diversamente abili, degli anziani, di tutte le categorie svantaggiate e sofferenti. Grazie al "mezzo musica" si aiuta l'assistito secondo un approccio globale alla persona, sotenendo lo sviluppo, l'apprendimento, il mantenimento delle abilità e delle funzioni nel rispetto del suo benessere e del suo equilibrio psico-fisico. Proprio per questo riteniamo che il riconoscimento della disciplina musicoterapica e degli operatori del settore potrebbe costituire un momento di grande importanza sociale, segno di uno sviluppo storico-sociale all'avanguardia, rispettoso e cosciente delle reali difficoltà e dei reali bisogni degli assistiti e delle loro famiglie.

La MT è ad un tempo arte e scienza in un processo interpersonale.
Essere un'arte ed una scienza praticata all'interno di una relazione interpersonale richiede la conoscenza e l'integrazione di molti elementi. La MT può essere applicata in vari contesti nelle scuole, negli ospedali, nei centri sociali, nei centri di assistenza diurna, negli ospizi, nelle prigioni, nelle comunità.
La popolazione degli utenti varia per età (dai neonati agli anziani) e per tipologia dei disturbi, possono beneficiare del trattamento musicoterapico persone sane o sofferenti.
Gli scopi ed i metodi di trattamento sono tanti e variano da un caso all'altro, da un paziente all'altro e da un musicoterapista all'altro.
Fondamentalmente possiamo generalizzare quattro AMBITI d'intervento musicoterapico a seconda che gli SCOPI siano PREVENTIVI, INTEGRATIVI, ABILITATIVO-RIABILITATIVI o TERAPEUTICI: gli interventi debbono essere adattati ai bisogni fisici, emotivi, intellettuali, sociali, spirituali del paziente-utente.
Pur avendo una natura transdisciplinare la MT è una disciplina a sé stante con caratteristiche proprie e ben definite che non permettono di confonderla con altre modalità di trattamento, prevede inoltre una seria formazione e preparazione. Non basta, infatti, essere musicisti o insegnanti per fare MT, né essere educatori o riabilitatori in altri campi, come non è sufficiente essere psicologi o psichiatri che si intendano di musica per praticare la MT: ci vuole una specializzazione specifica.

L'ambito terapeutico (della cura) è l'ambito riservato a medici o psicologi abilitati, specializzati in musicoterapia, generalmente sono trattati pazienti psichiatrici o persone che scelgano o necessitino di un trattamento psicoterapico o che abbiano interesse ad approfondire la conoscenza di sé stessi attraverso un cammino psicoterapico.
I musicoterapisti non medici operano in questo ambito in équipe con medici, psicologi e terapisti; la responsabilità clinica e la supervisione del lavoro è del medico di riferimento dell'équipe o del Dirigente Sanitario.
Nella maggior parte dei casi la richiesta di interventi di musicoterapia viene fatta per i tre restanti ambiti:
L'ambito abilitativo-riabilitativo riguarda gli interventi in cui la MT viene applicata nel trattamento di deficit sensoriali, disturbi dell'età evolutiva, disturbi dell'età senile, deficit psichici, psicomotori e pluriminorazioni, disturbi neurologici (es. demenze), stati di coma e post coma.
I musicoterapisti operano in centri specializzati, in équipe, talvolta come specialisti privati, ma sempre in contatto con gli altri specialisti che hanno in carico la persona in difficoltà.
L'intervento musicoterapico può essere ausiliario o accrescitivo accanto ad altre terapie.
Interventi di grande interesse ed utilità sono quelli in ambito preventivo ed integrativo.
Il musicoterapista può lavorare in questo ambito con anziani, adolescenti di fasce sociali a rischio, gestanti e partorienti, malati terminali, ma soprattutto questo è l'ambito che vede la musicoterapia fare la sua comparsa nelle scuole, come reale mezzo per promuovere l'integrazione dei diversamente abili e per favorire lo sviluppo armonico di tutti i bambini. Per questo talvolta si può sentir parlare di ambito educativo. Lo specialista in musicoterapia non è un animatore musicale.
In qualunque ambito si operi è necessaria una specializzazione in musicoterapia aderente a standard formativi europei.
Le metodologie ed i teorici di riferimento sono differenti a seconda dell'ambito in cui si opera, sebbene sia possibile una "integrazione".

Negli ultimi 20 anni, in Italia, è stato messo l'accento sugli interventi di musicoterapia in ambito clinico e psicodinamico, in questo documento vogliamo sottolineare l'importanza della specificità di tali interventi che possono essere effettuati solo da medici e/o psicologi specializzati in musicoterapia, ma soprattutto vogliamo affermare l'importanza del lavoro dei musicoterapisti NON medici/psicologi che si esprime negli ambiti preventivo, integrativo, abilitativo-riabilitativo, con specificità teoriche e metodologiche che rendono la musicoterapia uno strumento particolarmente efficace quando utilizzato negli ambiti suddetti.
In tutti gli ambiti, ed in particolare nella riabilitazione-abilitazione, la musicoterapia si inserisce in un'ottica interdisciplinare, integrativa e globale della riabilitazione, dove il lavoro in équipe e la collaborazione tra le varie figure professionali, le famiglie, gli enti locali e le strutture socio sanitarie viene considerato fondamentale per offrire agli utenti un servizio serio ed efficace.
I musicoterapisti già si avvalgono di strumenti di osservazione /valutazione musicoterapica che dovranno sempre più essere in sintonia con i modelli internazionali di classificazione (vedi ad es. ICF, Organizzazione Mondiale della Sanità).
Come accennato il musicoterapista non medico o psicologo potrà trovarsi ad operare in ambito clinico sotto la supervisione e la responsabilità clinica del medico di riferimento dell'équipe.

ecofilastrocche

Ecologia del suono







filastrocche e sviluppo cognitivo




Ipotesi di lavoro con diversabili affetti da ritardo mentale lieve
















Definiamo innanzitutto l'handicap come disabilita' di apprendimento , nella quale esiste una discrepanza tra richiesta e prestazione (all'interno di una relazione); possiamo specificare che la disabilita' non sta dentro di noi , ma e' un elemento "esterno" , e cioe' un limite delle funzioni adattive dell'individuo (limite della prestazione rispetto alla "norma").

Spesso alla base delle sue difficolta' di apprendimento c'e' un danno cerebrale.

In tali condizioni generalmente l'educatore ricorre a richieste minime ed a modificazioni ambientali , che in termini sonori significa uso didattico delle filastrocche e semplificazione del paesaggio (ecosistema) sonoro.

Consideriamo che ognuno e' soggetto a possibilita' di modifica del comportamento ; la necessita' di tale intervento deve essere espressa da una equipe psico- pedagogica e verificata periodicamente.Prima di descrivere la metodologia dell'ecofilastrocca premettiamo che si deve far riferimento sempre e comunque ad un comportamento osservabile , e non parlare a livello di ipotesi virtuali di interpretazione degli eventi possibili.

Una riflessione- durante la relazione educativa , proponendo minime sollecitazioni ci si espone al rischio di cambiare noi stessi , riducendo gli scopi di lavoro ; ecco il motivo per il quale l'equipe deve continuamente verificare il lavoro.Il primo passo consiste nel verificare ed osservare i comportamenti assenti , deficitari , in eccesso , erronei (comportamenti di risposta alla proposta sonora).

A questo punto bisogna inizialmente stabilire delle unita' grossolane di misura del comportamento , e si propongono-

-la frequenza

-la durata

-l'intensita'

-il contenuto

(del comportamento sonoro), e si propongono delle ipotesi di misurazione parametrica.

Esempio-nel caso di comportamento in eccesso si definiscono dei targets con le tecniche goal ; saltuariamente va rifatto il programma e vanno individuati nuovi comportamenti sonori.

ESEMPIO-

se e' deficitario bisogna incrementare la prestazione

se e' in eccesso bisogna ridurla

se e' erroneo bisogna decrementare le situazioni sbagliate ed incrementare le situazioni giuste.

In ogni caso compito del facilitatore e' quello di codificare i termini operazionali insiti nella prestazione.

Durante i controlli saltuari dei goals va periodicamente modificata la strategia di lavoro , e questo appartiene a tutto l'universo dell'evento educativo.

BASE LINE

Si definisce base line ogni misurazione di base che precede un qualsiasi intervento riabilitativo musicale (e non) ; in sostanza si tratta di definire puntualmente ogni comportamento sonoro.

ESEMPIO:

quando si propone una filastrocca si deve:

-fare la richiesta

-aspettare la risposta

-registrare quanto accade




solo cosi' si puo' fare il confronto con il momento nel quale si introduce la proposta di variazione sonora.







ASSESTMEN




E' la valutazione che necessita della rilevazione ed osservazione continua.







ESEMPIO




Goal-elementi di imitazione della filastrocca

-come possiamo modificare il comportamento sonoro?

-dopo la prima fare sempre una seconda misurazione di base













PROBLEM SOLVING




Si tratta di porre il soggetto di fronte a situazioni sonore problematiche minimamente dando gli strumenti necessari per permettere la graduale soluzione musicale del problema.

Ovviamente e' preceduta da una fase nella quale l'operatore deve raccogliere informazioni sulla natura del problema (ricostruzione della storia sonora personale) ; di fatto spesso ci sono molteplici fattori che mantengono il problema , e che vanno gradualmente affrontati.

Compito dell'operatore e' quello di suggerire delicatamente il maggior numero di alternative possibili di soluzione dei problemi posti.




SIMULAZIONE




E' la fase nella quale l'operatore valuta in anticipo le conseguenze delle attivita' da proporre (si proietta nel futuro).

Successivamente si assume la responsabilita' di prendere delle decisioni (processo decisionale dinamico).

Va considerato che ogni persona ha delle strategie di apprendimento personalizzate (ad esempio , nel caso della memoria , delle persone memorizzano i numeri di telefono in un modo , altre persone in un altro - strategie metacognitive).







ESEMPIO




Se devo far apprendere il concetto di BIANCO allora devo:




-proporre oggetti diversi e tutti bianchi

-il soggetto deve gradualmente essere condotto ad ignorare le caratteristiche di forma dell'oggetto

-quindi noi insegnamo una mentalita' e diamo gli strumenti per farcelo arrivare da solo.










PRE-REQUISITI DI BASE







E' l'inchiesta puntuale ,parametrica e misurata sulle caratteristiche sonore del soggetto.










PROMPTING=AIUTI DEL TECNICO AL SOGGETTO










FADING=ATTENUAZIONE DEGLI AIUTI

























R I N F O R Z I










(esempio)

RINFORZO POSITIVO - CONGRATULARSI




NEGATIVO - far notare le difficolta'




ESTINZIONE - NON FAR SEGUIRE UN EVENTO DA UN RINFORZO
















(RIASSUMENDO)




T.O.T.E.

T= TEST

O=OBIETTIVI

T=INTERVENTO

E=USCITA






















ESEMPIO DEL BAMBINO







Necessita' del terapista e' quella di studiare il PLANNING del bambino e fare una check-list delle cose da fare , usando delle schede da aggiornare continuamente.




ASSESTMEN INTERATTIVO




Significa che l'operatore e' in grado di modificare le sue richieste in base alla realta' , cioe' al tipo di risposta.







CONCLUSIONI-OGNI FILASTROCCA E' UN ALGORITMO E VANNO ELENCATE TUTTE LE COMPONENTI NECESSARIE ALLA REALIZZAZIONE DELLA FILASTROCCA.




DENTRO LA FILASTROCCA C'E'-

IL PROMPTING

IL FADING

IL RINFORZAMENTO

IL MODELLAGGIO

IL CHAINING ANTEROGRADO E RETROGRADO (CONCATENAMENTO)

L'ADDESTRAMENTO AL DIALOGO INTERNO (PLANNING)

sabato 21 novembre 2009

DIZIONARIO

DIZIONARIO di aspetti ecologici della musicoterapia







adattamento-ogni variazione delle condizioni di ambiente sonoro da' luogo a un cambiamento di gestione dell'ecosistema sonoro da parte dell'essere vivente, il quale corregge le sue reazioni (attivita' sonora) e il suo modo per conseguire migliori condizioni di vita (armonizzazione con l'ambiente sonoro).




agenti inquinanti atmosferici sonori- "sostanze" , parametri sonori che una volta penetrate nell'atmosfera sonora (ecosistema) ne modificano le caratteristiche fisiche , chimiche , parametriche , risultando dannose sia per gli esseri umani , sia per l'ambiente.




alluvioni sonore- quando i parametri sono di natura violenta , i suoni nei loro parametri non si contengono piu' nei limiti indolore ed eccedono , debordando nelle aree protette.




ambiente sonoro-luogo sonoro nel quale un organismo vive . In senso ecologico , e' costituito da tutti quei fattori ed influenze e influenze esterne che agiscono sulla vita sonora e sullo sviluppo sonoro degli organismi viventi stessi.Due sono gli aspetti piu' importanti : il biologico ed il non vivente.

Gli elementi ambientali influenzano lo sviluppo dell'organismo e gli effetti seguitano a prodursi per tutto l'arco della sua esistenza.




analisi dei sistemi- lo studio suddiviso in sistemi di relazione fra loro al fine di individuare gli elementi di spicco dell'ambiente sonoro e quindi tentare le diverse soluzioni dei problemi inerenti il territorio sonoro.




agenti sonori scomparsi o in via di estinzione-fenomeno da addebitare all'esercizio indiscriminato o privo di controllo dell'inquinamento acustico , del bombardamento sensoriale sonoro , dell'industrializzazione , dell'urbanizzazione , dello sconvolgimento dell'equilibrio ecologico-sonoro.

CFR SHAFER-IL PAESAGGIO SONORO - RICORDI-UNICOPLI




approvvigionamento sonoro-suoni del grembo materno , dell'infanzia , dell'ambiente , musiche preferite , parametri preferiti , novita' di escursione parametrica finalizzata nelle fascie godibili.




aree protette- zone tutelate da specifici vincoli parametrici e norme per garantire la conservazione di determinati ecosistemi sonori naturali o elaborati dall'uomo.




atmosfera sonora-un insieme di svariati parametri sonori circonda la nostra vita , e da' luogo all'atmosfera sonora che si estende fino alle frontiere dell'udibile e del non udubile.Via via che varia la quota di un parametro , si modificano le caratteristiche fisiche del suono.







biologia sonora-la disciplina che si occupa dell'ambiente sonoro e della salvaguardia dei suoni in via di estinzione




biosfera- sistema che raggruppa tutti gli organismi viventi del pianeta , l'aria , l'acqua , l suolo e quindi il loro habitat (anche sonoro) , dove progredisce il loro ciclo della vita




centri storico-sonori - il termine comprende il perimetro del centro originario di una citta' , dove ancora oggi si riscontrano valori culturali , patrimoni sonori , sociali e storici da salvaguardare , evitando trasformazioni e regolamentando eventuali interventi di recupero e conservazione , a tutela dell'area (anche sonora) stessa




daltonismo sonoro- dispercezione parametrica




deprivazione sensoriale sonora-il termine comprende ogni condizione dovuta a una vita sonora insufficiente , eccessiva o mal equilibrata , nonche' a malattie nelle quali si verifica un incompleto utilizzo dei suoni




depurazione sonora- processo di filtraggio parametrico finalizzata ad evitare dispercezioni negative




deserto sonoro- paesaggio determinato da un clima arido , con marcata scarsita' sonora.




difesa della qualita' del suono-il termine comprende l'insieme di azioni atte a migliorare o mantenere la qualita' dell'ecosistema sonoro , oltre alle misure per ridurre il livello di inquinamento sonoro entro limiti non nocivi per la salute degli uomini , animali o vegetazione e per conservare dal degrado oper d'arte sonora.




ecologia umana- studia l'uomo nell'espletamento dei suoi compiti e nell'ambito dell'ambiente , nonche' le sue relazioni con gli altri uomini e con animali e vegetali.




ecologia del suono-studia la gestione positiva dell'ecosistema sonoro




ecosistema-unita' fondamentale di base in ecologia.Formano un ecosistema gli organismi viventi di un ambiente specifico , i loro fattori fisici e chimici e le interrelazioni tra di loro. La parte della terra in cui possono esistere ecosistemi prende il nome di biosfera.




energia sonora-il termine e' usato per indicare la capacita' di un sistema o di una singola persona di produrre sonorita'




fonometria-tecnica di misurazione dei fenomeni acustici




habitat- in ecologia le condizioni di ambiente e clima preferite o necessarie per lo sviluppo (anche sonoro) delle singole specie animali. In urbanistica il complesso di strutture comunitarie tendenti a soddisfare le esigenze sociali , economiche , tecniche e sonore degli abitanti.




musicoterapia ecologica- offrire alle categorie svantaggiate le chiavi di accesso al circuito musicale per rendere possibile la gestione positiva dell'ecosistema sonoro esterno ed interno




igiene sonoro - l'insieme degli interventi per salvaguardare l'igiene sonoro del territorio , a difesa non solo della natura , ma anche delle citta' , delle campagne , qualita' dell'ambiente di lavoro , insomma tutto cio' che acusticamente circonda l'uomo nel corso della sua esistenza.




inquinamento da rumore-termine per esprimere un livello di rumore ambientale protratto nel tempo , che puo' procurare fastidio e quindi nuocere all'uomo.

L'inquinamento da rumore si misura attraverso fonometri in unita' chiamate decibel; puo' essere originato dall'intensita' elevata di musiche in discoteca , dal traffico stradale quando raggiunge elevate vibrazioni sonore , dal traffico aeroportuale o da fonti industriali , che possono produrre altezze di suoni molto forti , tali da provocare traumi uditivi.




onda-perturbazione che si propaga in una regione dello spazio. La superficie che separa la zona perturbata da quella non perturbata si dice superficie o fronte d'onda.




recupero eco-sonoro - varie metodologie di intervento su tipologie sonore diverse da strutture negative allo scopo di tutelarle e dimensionarle parametricamente , non permettendone l'estinzione




rifiuti sonori- residui di composizioni , assemblati a caso , parametricamente distonici.




riserve sonore - aree protette parametricamente




rumore-disturbo sonoro privo di periodicita' , in quanto vibrazione di carttere irregolare , con tre caratteristiche: qualita' , quantita' e continuita' o discontinuita'.

Il rumore si misura in decibel.




rumore di fondo-la causa predominante del rumore di fondo metropolitano e' il traffico automobilistico intenso (ad es.). Un fenomeno molto presente anche in Italia , i cui limiti di tollerabilita' sono di gran lunga superiori a quelli degli altri paesi europei , esempio l'Inghilterra.




rumore industriale-si differenzia dal rumore urbano , innanzi tutto per la qualita' : e' caratterizzato da alte frequenze. Molto di quanto si sa della patologia da rumore , deriva da ricerche fatte nel settore industriale.




rumore urbano-ha una composizione spettrale caratterizzata da alta intensita' alle basse frequenza nonche' da diminuzione d'intensita' alle medie frequenze , sino ad assottigliarsi a valori basali per le alte frequenze.Le fonti di rumore urbano possono essere: traffico veicolare o aereo , apparecchi di uso domestico , artigianale , da addebitarsi ad attivita' umane , industriali , etc. La maggior parte delle sorgenti sono fuori dall'habitat interno ; oggi la tecnica edilizia deve tenerne conto per salvaguardare proficuamente questa importante distinzione fra l'esterno e l'interno.




scorie sonore - suoni o rumori di scarto che nell'immediato non possono piu' essere utilizzati ma che possono essere riciclati in ambito educativo-riabilitativo e terapeutico.




selezione ( cfr Darwinismo neurale - Edelman) sonora - meccanismo genetico naturale o artificiale che conduce all'adattamento degli esseri viventi , fissandolo nell'ereditarieta', tanto da costituire uno dei principi fondamentali della evoluzione .

In zootecnica si puo' conseguire un miglioramento di razze di animali domestici ed il potenziamento di determinate qualita' , sopratutto nei bovini da latte e nei cavalli da corsa.




spettro acustico-il numero delle vibrazioni acustiche emesse da una sorgente sonora




suono-perturbazione che si propaga sotto forma di onda di compressione e rarefazione , attraverso un mezzo elastico




tossicita' sonora-capacita' di un suono o rumore a determinare lesioni per effetti biologici indesiderati




ultrasuoni- onde elastiche con frequenza superiore al limite massimo di udubilita' (il limite e' soggettivo per l'orecchio dell'uomo)




unita' di monitoraggio - apparecchiature di indicazione e controllo contro l'inquinamento acustico

L'alfabeto delle emozioni

ARCHIVIO SONORO ESPRESSIVO
materiale d'archivio





Riteniamo importante definire, ai fini dell’esposizione, il termine emozione riportando la definizione che da U. Galimberti nel dizionario di psicologia (1997).





“Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale.

La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico.

Le reazioni fisiologiche ad una situazione emozionante investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare e quelle sensorie con vari disturbi alla vista ed all’udito.

Le reazioni viscerali si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità temporanea d’astrazione dal contesto emozionante.

Le reazioni psicologiche si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, diminuzione della capacità di metodo e di critica.”.





Com’e’ noto la regolazione e rielaborazione delle emozioni coinvolge diversi aspetti (cognitivi, espressivi, fisiologici) dell’esperienza emotiva; e’ pertanto plausibile considerare i cambiamenti che si osservano nella regolazione emozionale, come indicatori del più generale cambiamento che si realizza in particolari contesti di drammatizzazione.





“Per quanto riguarda i due aspetti, l’espressione e il vissuto soggettivo delle emozioni, la mancata riduzione della discrepanza tra comportamento manifesto e vissuto emotivo può costituire un fattore di rischio nella misura in cui impedisce la trasformazione delle emozioni in dati cognitivi, in strumenti di pensiero che permettono l’apprendimento di modalità comportamentali adeguate”.

(Ricci Bitti, 2001)





Regolare le emozioni vuol dire quindi far sì che esse possano essere presenti in schemi cognitivi più sofisticati e forniscono alla vita cosciente una nuova dimensione qualitativa.

Nel lavoro con i disabili gravissimi risulta essenziale, data l’impossibilità della regolazione, fornire strumenti atti al riconoscimento di una determinata emozione (attraverso gli elementi sensoriali tipici del teatro ), in modo da collocarla possibilmente in un iniziale “alfabeto emozionale individualizzato” da riproporre in altre attività riabilitative.









Rifacendosi alla classificazione dei livelli emozionali del disabile grave, elaborata da Moretti-Cannao (1982 ) riportiamo fedelmente le definizioni usate:





Emozioni massive equivalenti; intendiamo con tale dizione indicare quelle risposte indifferenziate, generalmente di ordine psicomotorio o vegetativo, che conseguono a qualunque vissuto emozionale.Certi soggetti gravemente compromessi rispondono, infatti, in modo massivo sia alla gioia che alla paura, sicchè noi, dall’esterno, possiamo dedurre che un’emozione vi e’ stata, ma nulla possiamo dire di essa, della sua qualità e talora neppure della sua intensità, in base alla risposta. Se dovessimo ragionare in termini puramente neurofisiologici, diremmo che è stata data “via libera”, ma che non si e’ verificata alcuna ulteriore elaborazione.





Emozioni bipolari; il soggetto e’ in grado di rispondere selettivamente ad emozioni di segno opposto (gioia-paura, eccitamento-depressione ), ma non riesce a distinguere tra emozioni analoghe, di conseguenza, neppure noi possiamo trarre deduzioni in merito. Delle risposte di alcuni soggetti possiamo, infatti, dire che sono positive o negative, ma è impossibile precisare se si tratta di gioia o di eccitamento, di paura o di depressione, ecc. E’ facile anche notare che il nostro lessico è, a questo proposito, impreciso e che alcuni termini sono usati in un’accezione soggettiva: ad esempio, “depressione” sta qui ad indicare un generico orientamento emozionale. Ciò che ci sembra importante è però il concetto di bipolarià, che si riferisce ad una capacità di discriminazione contrapposta al precedente tipo di risposta emozionale caratterizzato dalla massività.





Emozioni controllate: ovvero stati emozionali che il soggetto è in grado di elaborare a seconda della situazione, ora potenziandoli, ora inibendoli, ora cambiando loro parzialmente di segno (ad esempio, la paura può essere ricercata come fonte di eccitamento). A questo livello è quasi impossibile prescindere totalmente dalla sfera simbolica; anche a questo proposito, diremo che questo è il confine superiore della condizione di gravità, pure se può essere difficile distinguere fin dove il soggetto opera per effettiva discriminazione e quando invece è soltanto confuso.









Il teatro e’ sempre stato un mezzo rilevante per facilitare l’espressione delle emozioni .

E’ nel particolare contesto di un laboratorio teatrale che emergono gesti, vocalizzi, sguardi, movimenti, sentimenti che “ fuori del palcoscenico” rimangono sopiti, insabbiati, a volte appena sussurrati.

Il teatro fornisce all’individuo, anche con disabilità intellettiva, un’opportunità indiretta di comunicazione, meno rischiosa (nei confronti della realtà diretta e parametricamente determinata) della comunicazione lineare (verbale, visiva, tattile, ecc.. ). Quest’ultima può generare ansia, timore dell’errore e rifiuti (nella dinamica tra emittente e ricevente).





Nei giochi dei ruoli e nella tecnica improvvisativa, il soggetto può esplorare comportamenti nuovi, senza assumere immediatamente la responsabilità dell’azione comunicativa finalizzata.

La necessità di fornire questa “protesi” comunicativa ci induce a proporre una esperienza, che potremmo così definire: ” percorso teatrale e musicale finalizzato all'espressione ed alla gestione delle emozioni”.


















”.

Tale scelta e’ scaturita da una duplice necessità:

- facilitare il riconoscimento di alcuni segmenti emotivi (isolamento, rifiuto, riconoscimento, accettazione, incontro…);

- facilitare il mondo esterno al contatto ed alla comunicazione con il grave.





In una prima fase il gruppo di operatori, composto di: educatrice professionale, musicoterapista, assistenti socio sanitari con funzioni educative, volontari (che sono intervenuti prevalentemente nella fase della rappresentazione), si e’ impegnato nella scomposizione dell’evento in unità spazio- temporali, scegliendo e selezionando alcune sequenze sulla base di minimi segmenti emotivi. L’esperienza teatrale risulta, infatti, per i gravi, spesso ipercodificata ed ipersimbolica e quindi un impegno troppo sofisticato, a meno che non si individuano segmenti-comportamentali minimi.





Il gruppo durante le attività curriculari di musicoterapia, ha programmato i ruoli, la partecipazione e la “partitura non verbale”.

Nell’attività di laboratorio il programma è stato realizzato attraverso una serie graduale di stimolazioni sensoriali (uditive, tattili, olfattive, ecc.).

Nel percorso sono emerse per ogni paziente aree sensoriali piacevoli e spiacevoli; in base ai dati raccolti si è descritta la “mappa sensoriale” che ha costituito la base per l’elaborazione (da parte del musicoterapista) della partitura informale non verbale.





Nel nostro caso sono state allestite sette scene teatrali raccordate da ulteriori quattro di collegamento, al fine di permettere ai pazienti più gravi di essere posizionati per la performance successiva.

Sono stati riscontrati generalmente comportamenti adeguati alla proposta non verbale quando si è riusciti a realizzare contesti coerenti dal punto di vista affettivo, sensoriale e comunicativo.

Frequentemente, durante il “setting”di drammatizzazione, ad esempio, Massimo si alzava gesticolando e roteando in una sorta di danza popolare, coinvolgendo anche l’operatore.

Abbiamo notato espressioni facciali rilassate, la ricerca del contatto visivo (mantenuto a lungo) ed una notevole disponibilità al contatto fisico.

La nostra esperienza ci induce ad evitare nell’attività teatrale l’utilizzazione di coreografie, costumi, musiche, ecc, acontestuali, ossia attinenti l’area dell’astrazione o del riferimento simbolico.

Abbiamo pertanto evitato di realizzare scenografie complesse basate su più significati correlati ed astratti.





Centralità del lavoro comune e’ stata quella di amplificare drammaticamente l’evento attraverso l’uso di sostegni sensoriali. I segmenti emotivi sono rappresentati evitando di saturare gli analizzatori, supportati da musiche, luci, movimenti ed espressioni adeguate, al fine di permettere la massima espansione emotiva.

In questo modo, pensiamo, di poter dare a tutti l’eventuale possibilità di codificazione.





Nello svolgersi dell’attività, i singoli operatori hanno avuto lo spazio e la possibilità di esprimere il proprio coinvolgimento.

Questo, a nostro avviso, rappresenta uno degli elementi dell’evento: tale coinvolgimento non e’ affatto scontato e, durante i mesi di lavoro, ha costituito una curva variabile tendente all’ascesa.

Da una fase di particolare attenzione e timidezza rispetto alla proposta, si e’ gradualmente passati ad una messa in gioco dell’operatore.

Questo è auspicabile nel lavoro con i gravissimi, con i quali spesso si ha difficoltà ad entrare in una atmosfera mimico-giocosa.

Riteniamo importante sottolineare alcuni concetti emersi durante il lavoro:

Nell’arco di questi anni, abbiamo progressivamente scelto di realizzare “eventi teatrali” all’interno dei nostri luoghi, accogliendo tra noi tutti coloro che, nel tempo, hanno dimostrato un reale interesse a contattare i nostri ospiti;

Tra le caratteristiche di questo lavoro spicca l’assoluta unicità ed irripetibilità di ogni rappresentazione, legata a quel tipo di ospite, di contesto ambientale, di operatore.





Durante il lavoro il programma ha subito notevoli variazioni non dovute all’assenza di metodologie, bensì alla scelta cosciente e condivisa di tenere, nel massimo conto, le risposte “sul campo” dei pazienti e degli operatori.





Gli ospiti hanno dimostrato, nei mesi, di vivere l’esperienza teatrale nei modi loro propri; la documentazione su questo argomento è corredata dai protocolli di osservazione diretta e partecipe condivisi nelle riunioni di équipe sulla verifica del P.R.I..





I nostri lavori sono caratterizzati da una tecnica improvvisativa e non da una improvvisazione generica (Eugenio Colombo, 1982), in cui molti elementi mimici, comportamentali, gestuali, verbali hanno stimolato un processo comunicativo.

















A titolo di esemplificazione, abbiano selezionato due pazienti, tra i quindici del gruppo, che pensiamo possano rientrare tra le due prime classificazioni (massiva e bipolare) dei livelli emozionali riscontrabili nel disabile grave, in base alle classificazioni di G. Moretti (op. citata).









A. C.




DATI ANAGRAFICI E STORICI
Anni 39

Istituzionalizzato in varie strutture psico-medico-pedagogiche nel centro Italia sin dalla primissima infanzia

Inserito nel Centro nel 1989









DIAGNOSI
Ritardo mentale grave.

Epilessia generalizzata.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG.

Sembra in grado di stabilire rapporti differenziati; tendenzialmente si muove nell’ambiente in maniera irrequieta e spesso si chiude in comportamenti stereotipati.

Assenti comprensione e produzione verbale; discreta la comunicazione di bisogni primari attraverso gestualità, mimica e posture.

Deambulazione autonoma con anche flesse ed addotte, ginocchia flesse e piedi a squadra con aumento della base di appoggio; buona la funzionalità delle mani, impegnate prevalentemente in giochi stereotipati con oggetti filiformi.

Può alimentarsi da solo con le mani; completa assenza di autonomia nelle altre attività della vita quotidiana; necessita di assistenza continua.

“Curioso” per oggetti, ambienti e situazioni; ama ascoltare la musica.









AMBIENTE DI VITA
A.,insieme ad altre persone gravi e gravissime, vive all’interno di un reparto che sembra essere per lui il riferimento ambientale più importante, una vera e propria casa, provvista di refettorio, stanze, bagni e con un lungo corridoio.
Nella stanza di attività A. predilige la “Pallestra”, una sorta di piscina ricolma di palline colorate nella quale si rilassa lungamente, abbandonando le classiche stereotipie con gli oggetti filiformi.





COMPORTAMENTO
A. trascorre gran parte della giornata giocherellando con spaghi, fili, cordicelle di circa 20/25 centimetri, tirandole ed attorcigliandole continuamente; reagisce aggressivamente contro sè e contro gli altri quando se ne priva o n’è privato.





Prende a tallonare gli operatori durante la giornata; “partecipa” alle discussioni frapponendosi di solito fra i due interlocutori, costretti così a continui spostamenti per potersi guardare in faccia.

Nel tempo ha espresso chiaramente la predilezione nei confronti di taluni operatori e una serie di pazienti; ha modalità comunicative pre-verbali con A., L. e G.





A differenza del comportamento quotidiano, legato alle stereotipie descritte per gran parte del giorno, durante le “prove” teatrali, A. è sembrato aprire le finestre dell’attenzione assumendo generalmente un comportamento partecipativo mediante cambiamenti posturali ed espressioni facciali correlate all’evento ed al contesto, rispecchiandosi spesso nello stato d’animo di coloro che erano impegnati nella performance (cfr. video).









A. D. D.








DATI ANAGRAFICI E STORICI

Anni 54

Non sono rilevati inserimenti istituzionali precedenti

Inserito nel Centro nel 1968









DIAGNOSI

Ritardo mentale grave in ipotiroidismo congenito e pregresse crisi generalizzate tonico-cloniche. Dolicomegacolon.

Gastrite cronica.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG, con buona capacità di rievocazione.

Tendenza all’isolamento ed a rituali ossessivi.

Grave deficit dell’oculomozione.

Comprensione verbale discreta nell’ambito del livello cognitivo presente; produzione verbale limitata a poche semplici parole-frasi.

Deambulazione autonoma assistita, rallentata ed incerta con rincorsa del baricentro; buona la funzionalità degli arti superiori.

Necessita di assistenza costante per tutte le attività di vita quotidiana, ad eccezione dell’alimentazione.

Alvo diarroico. Incontinenza urinaria.









AMBIENTE DI VITA

Si tratta dell’identico contesto descritto in precedenza; inoltre A. frequenta assiduamente la stanza educativa, dove svolge attività di manipolazione con plastilina, creta, ecc., occupandosi anche del riordino del materiale e del locale.








COMPORTAMENTO
A. presenta comportamenti ripetitivi assimilabili a rituali ossessivi, sia dal punto di vista gestuale che verbale (ad es.: continua tendenza allo spezzettamento di cartone senza soluzioni di continuità, frequente richiesta verbale di caffè e conseguente ricerca dello stesso).





Stati emotivi impulsivi acontestuali (scoppi improvvisi di pianto, riso e collera) innescabili anche attraverso parametri sonori relativi al patrimonio pregresso (melodie, cantilene, canti popolari ) ed a ricostruzioni e rievocazioni mnemoniche della prima infanzia (verbalizza parole-frasi relative ad oggetti infantili: campanelli, chiave, baule, gelato, ecc.).





Nello specifico delle attività di gruppo di musicoterapia e nelle attività di vita quotidiana A. ha progressivamente partecipato dilatando gradualmente i tempi d’attenzione (reagendo positivamente agli stimoli degli operatori) attenti a coinvolgerlo progressivamente in dialoghi sonori e pre-verbali.





A tal fine, all’interno delle sequenze scenografiche è stato previsto un particolare ambito spazio-temporale adatto al dialogo mimico-empatico con il paziente.

Tale ambito è consistito nella dilatazione dei parametri (più adatti alla comunicazione non verbale con il disabile grave) ed ha previsto l’uso di sostegni sensoriali e comunicativi (oltre all’uso finalizzato di oggetti simbolici affettivamente riconoscibili).

In tale “fase cullante” sono stati previsti, inoltre, momenti di rispecchiamento e dialogo ravvicinati.

In concomitanza delle prime stimolazioni verbali A. ha dato l’impressione (cfr. video allegato) di cogliere la proposta dell’operatore interagendo positivamente nel contesto scenico.





















CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE




In merito agli obiettivi dell’attività realizzata, alla fine dell’evento e’ stato possibile tentare di impostare i primi elementi di un alfabeto emotivo individualizzato vero e proprio, riproponibile in altre situazioni simili, allo scopo di ampliare le possibilità espressive e comunicative dei pazienti e degli operatori.





Nel triennio 2001 – 2004, nell’ambito delle nostre attività curriculari di comunicazione non verbale, sono stati realizzati tre laboratori di drammatizzazione, documentati e valutati attraverso protocolli di osservazione diretta e partecipe (Scotti Francesco,1984) e videoregistrazioni elaborate dagli operatori coinvolti.



Negli anni precedenti, con la consulenza di Giorgio Moretti (Direttore Scientifico dell’Istituto Eugenio Medea-Milano) e di Giorgio Sabbadini (gia’ docente di Riabilitazione presso l’Università’ La Sapienza di Roma) era stata condivisa la necessità di un approccio complesso, globale e multidisciplinare espresso essenzialmente attraverso un corretto lavoro d’equipe.





Per il prossimo anno intendiamo utilizzare il protocollo che G. Moretti ha elaborato nel 1994, a seguito di un sopralluogo avvenuto nella nostra sede (allegato disponibile).





In seguito Moretti divenne membro del Comitato Scientifico che organizzò e gestì il Convegno Nazionale sulla comunicazione non verbale con i disabili gravi del 1996, promosso dall’Opera stessa ( Atti del convegno, 1999).

Durante lo stesso convegno G. Sabbadini ed un gruppo di operatori svolse una relazione sul lavoro di ricerca pluriennale nel settore della comunicazione non verbale con disabili gravi.





Il lavoro svolto in quegli anni e’ stato da noi rivisitato ed utilizzato per approfondire l’attività di comunicazione non verbale qui riportata.

Abbiamo cercato di esporre l’esperienza di un gruppo di pazienti ed operatori, consapevoli dei limiti insiti nel racconto di un evento con valenze molteplici (emotive, organizzative, ecc.).

Riteniamo in ogni modo di poter affermare che queste nostre esperienze ci hanno permesso di fornire agli ospiti (ed a noi stessi) un nuovo reale strumento di comunicazione.





























BIBLIOGRAFIA





AA.VV.,” L’uomo espressivo e la totalità della persona “, Ed. Nuove Frontiere, Roma, 1999





Cannao M. , Moretti G., “ Il grave handicappato mentale”, Ed. Armando Armando, Roma, 1982





Colombo E., da “I giorni cantati. L’improvvisazione e la regola: la spontaneità possibile”, Ed. La casa Usher, Firenze, 1982





Galimberti U., “Dizionario di Psicologia”, Ed. Utet, Milano, 1997





Ricci Bitti P.E., da “Prospettive in musicoterapia; studi ricerche transdisciplinarietà”, Ed Franco Angeli, Milano, 2001





Scotti F., da “Quaderni di psicoterapia infantile” n° 11, Ed. Borla, Roma, 1984



















































































ARCHIVIO SONORO ESPRESSIVO
materiale d'archivio





Riteniamo importante definire, ai fini dell’esposizione, il termine emozione riportando la definizione che da U. Galimberti nel dizionario di psicologia (1997).





“Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale.

La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico.

Le reazioni fisiologiche ad una situazione emozionante investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare e quelle sensorie con vari disturbi alla vista ed all’udito.

Le reazioni viscerali si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità temporanea d’astrazione dal contesto emozionante.

Le reazioni psicologiche si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, diminuzione della capacità di metodo e di critica.”.





Com’e’ noto la regolazione e rielaborazione delle emozioni coinvolge diversi aspetti (cognitivi, espressivi, fisiologici) dell’esperienza emotiva; e’ pertanto plausibile considerare i cambiamenti che si osservano nella regolazione emozionale, come indicatori del più generale cambiamento che si realizza in particolari contesti di drammatizzazione.





“Per quanto riguarda i due aspetti, l’espressione e il vissuto soggettivo delle emozioni, la mancata riduzione della discrepanza tra comportamento manifesto e vissuto emotivo può costituire un fattore di rischio nella misura in cui impedisce la trasformazione delle emozioni in dati cognitivi, in strumenti di pensiero che permettono l’apprendimento di modalità comportamentali adeguate”.

(Ricci Bitti, 2001)





Regolare le emozioni vuol dire quindi far sì che esse possano essere presenti in schemi cognitivi più sofisticati e forniscono alla vita cosciente una nuova dimensione qualitativa.

Nel lavoro con i disabili gravissimi risulta essenziale, data l’impossibilità della regolazione, fornire strumenti atti al riconoscimento di una determinata emozione (attraverso gli elementi sensoriali tipici del teatro ), in modo da collocarla possibilmente in un iniziale “alfabeto emozionale individualizzato” da riproporre in altre attività riabilitative.









Rifacendosi alla classificazione dei livelli emozionali del disabile grave, elaborata da Moretti-Cannao (1982 ) riportiamo fedelmente le definizioni usate:





Emozioni massive equivalenti; intendiamo con tale dizione indicare quelle risposte indifferenziate, generalmente di ordine psicomotorio o vegetativo, che conseguono a qualunque vissuto emozionale.Certi soggetti gravemente compromessi rispondono, infatti, in modo massivo sia alla gioia che alla paura, sicchè noi, dall’esterno, possiamo dedurre che un’emozione vi e’ stata, ma nulla possiamo dire di essa, della sua qualità e talora neppure della sua intensità, in base alla risposta. Se dovessimo ragionare in termini puramente neurofisiologici, diremmo che è stata data “via libera”, ma che non si e’ verificata alcuna ulteriore elaborazione.





Emozioni bipolari; il soggetto e’ in grado di rispondere selettivamente ad emozioni di segno opposto (gioia-paura, eccitamento-depressione ), ma non riesce a distinguere tra emozioni analoghe, di conseguenza, neppure noi possiamo trarre deduzioni in merito. Delle risposte di alcuni soggetti possiamo, infatti, dire che sono positive o negative, ma è impossibile precisare se si tratta di gioia o di eccitamento, di paura o di depressione, ecc. E’ facile anche notare che il nostro lessico è, a questo proposito, impreciso e che alcuni termini sono usati in un’accezione soggettiva: ad esempio, “depressione” sta qui ad indicare un generico orientamento emozionale. Ciò che ci sembra importante è però il concetto di bipolarià, che si riferisce ad una capacità di discriminazione contrapposta al precedente tipo di risposta emozionale caratterizzato dalla massività.





Emozioni controllate: ovvero stati emozionali che il soggetto è in grado di elaborare a seconda della situazione, ora potenziandoli, ora inibendoli, ora cambiando loro parzialmente di segno (ad esempio, la paura può essere ricercata come fonte di eccitamento). A questo livello è quasi impossibile prescindere totalmente dalla sfera simbolica; anche a questo proposito, diremo che questo è il confine superiore della condizione di gravità, pure se può essere difficile distinguere fin dove il soggetto opera per effettiva discriminazione e quando invece è soltanto confuso.









Il teatro e’ sempre stato un mezzo rilevante per facilitare l’espressione delle emozioni .

E’ nel particolare contesto di un laboratorio teatrale che emergono gesti, vocalizzi, sguardi, movimenti, sentimenti che “ fuori del palcoscenico” rimangono sopiti, insabbiati, a volte appena sussurrati.

Il teatro fornisce all’individuo, anche con disabilità intellettiva, un’opportunità indiretta di comunicazione, meno rischiosa (nei confronti della realtà diretta e parametricamente determinata) della comunicazione lineare (verbale, visiva, tattile, ecc.. ). Quest’ultima può generare ansia, timore dell’errore e rifiuti (nella dinamica tra emittente e ricevente).





Nei giochi dei ruoli e nella tecnica improvvisativa, il soggetto può esplorare comportamenti nuovi, senza assumere immediatamente la responsabilità dell’azione comunicativa finalizzata.

La necessità di fornire questa “protesi” comunicativa ci induce a proporre una esperienza, che potremmo così definire: ” percorso teatrale e musicale finalizzato all'espressione ed alla gestione delle emozioni”.


















”.

Tale scelta e’ scaturita da una duplice necessità:

- facilitare il riconoscimento di alcuni segmenti emotivi (isolamento, rifiuto, riconoscimento, accettazione, incontro…);

- facilitare il mondo esterno al contatto ed alla comunicazione con il grave.





In una prima fase il gruppo di operatori, composto di: educatrice professionale, musicoterapista, assistenti socio sanitari con funzioni educative, volontari (che sono intervenuti prevalentemente nella fase della rappresentazione), si e’ impegnato nella scomposizione dell’evento in unità spazio- temporali, scegliendo e selezionando alcune sequenze sulla base di minimi segmenti emotivi. L’esperienza teatrale risulta, infatti, per i gravi, spesso ipercodificata ed ipersimbolica e quindi un impegno troppo sofisticato, a meno che non si individuano segmenti-comportamentali minimi.





Il gruppo durante le attività curriculari di musicoterapia, ha programmato i ruoli, la partecipazione e la “partitura non verbale”.

Nell’attività di laboratorio il programma è stato realizzato attraverso una serie graduale di stimolazioni sensoriali (uditive, tattili, olfattive, ecc.).

Nel percorso sono emerse per ogni paziente aree sensoriali piacevoli e spiacevoli; in base ai dati raccolti si è descritta la “mappa sensoriale” che ha costituito la base per l’elaborazione (da parte del musicoterapista) della partitura informale non verbale.





Nel nostro caso sono state allestite sette scene teatrali raccordate da ulteriori quattro di collegamento, al fine di permettere ai pazienti più gravi di essere posizionati per la performance successiva.

Sono stati riscontrati generalmente comportamenti adeguati alla proposta non verbale quando si è riusciti a realizzare contesti coerenti dal punto di vista affettivo, sensoriale e comunicativo.

Frequentemente, durante il “setting”di drammatizzazione, ad esempio, Massimo si alzava gesticolando e roteando in una sorta di danza popolare, coinvolgendo anche l’operatore.

Abbiamo notato espressioni facciali rilassate, la ricerca del contatto visivo (mantenuto a lungo) ed una notevole disponibilità al contatto fisico.

La nostra esperienza ci induce ad evitare nell’attività teatrale l’utilizzazione di coreografie, costumi, musiche, ecc, acontestuali, ossia attinenti l’area dell’astrazione o del riferimento simbolico.

Abbiamo pertanto evitato di realizzare scenografie complesse basate su più significati correlati ed astratti.





Centralità del lavoro comune e’ stata quella di amplificare drammaticamente l’evento attraverso l’uso di sostegni sensoriali. I segmenti emotivi sono rappresentati evitando di saturare gli analizzatori, supportati da musiche, luci, movimenti ed espressioni adeguate, al fine di permettere la massima espansione emotiva.

In questo modo, pensiamo, di poter dare a tutti l’eventuale possibilità di codificazione.





Nello svolgersi dell’attività, i singoli operatori hanno avuto lo spazio e la possibilità di esprimere il proprio coinvolgimento.

Questo, a nostro avviso, rappresenta uno degli elementi dell’evento: tale coinvolgimento non e’ affatto scontato e, durante i mesi di lavoro, ha costituito una curva variabile tendente all’ascesa.

Da una fase di particolare attenzione e timidezza rispetto alla proposta, si e’ gradualmente passati ad una messa in gioco dell’operatore.

Questo è auspicabile nel lavoro con i gravissimi, con i quali spesso si ha difficoltà ad entrare in una atmosfera mimico-giocosa.

Riteniamo importante sottolineare alcuni concetti emersi durante il lavoro:

Nell’arco di questi anni, abbiamo progressivamente scelto di realizzare “eventi teatrali” all’interno dei nostri luoghi, accogliendo tra noi tutti coloro che, nel tempo, hanno dimostrato un reale interesse a contattare i nostri ospiti;

Tra le caratteristiche di questo lavoro spicca l’assoluta unicità ed irripetibilità di ogni rappresentazione, legata a quel tipo di ospite, di contesto ambientale, di operatore.





Durante il lavoro il programma ha subito notevoli variazioni non dovute all’assenza di metodologie, bensì alla scelta cosciente e condivisa di tenere, nel massimo conto, le risposte “sul campo” dei pazienti e degli operatori.





Gli ospiti hanno dimostrato, nei mesi, di vivere l’esperienza teatrale nei modi loro propri; la documentazione su questo argomento è corredata dai protocolli di osservazione diretta e partecipe condivisi nelle riunioni di équipe sulla verifica del P.R.I..





I nostri lavori sono caratterizzati da una tecnica improvvisativa e non da una improvvisazione generica (Eugenio Colombo, 1982), in cui molti elementi mimici, comportamentali, gestuali, verbali hanno stimolato un processo comunicativo.

















A titolo di esemplificazione, abbiano selezionato due pazienti, tra i quindici del gruppo, che pensiamo possano rientrare tra le due prime classificazioni (massiva e bipolare) dei livelli emozionali riscontrabili nel disabile grave, in base alle classificazioni di G. Moretti (op. citata).









A. C.




DATI ANAGRAFICI E STORICI
Anni 39

Istituzionalizzato in varie strutture psico-medico-pedagogiche nel centro Italia sin dalla primissima infanzia

Inserito nel Centro nel 1989









DIAGNOSI
Ritardo mentale grave.

Epilessia generalizzata.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG.

Sembra in grado di stabilire rapporti differenziati; tendenzialmente si muove nell’ambiente in maniera irrequieta e spesso si chiude in comportamenti stereotipati.

Assenti comprensione e produzione verbale; discreta la comunicazione di bisogni primari attraverso gestualità, mimica e posture.

Deambulazione autonoma con anche flesse ed addotte, ginocchia flesse e piedi a squadra con aumento della base di appoggio; buona la funzionalità delle mani, impegnate prevalentemente in giochi stereotipati con oggetti filiformi.

Può alimentarsi da solo con le mani; completa assenza di autonomia nelle altre attività della vita quotidiana; necessita di assistenza continua.

“Curioso” per oggetti, ambienti e situazioni; ama ascoltare la musica.









AMBIENTE DI VITA
A.,insieme ad altre persone gravi e gravissime, vive all’interno di un reparto che sembra essere per lui il riferimento ambientale più importante, una vera e propria casa, provvista di refettorio, stanze, bagni e con un lungo corridoio.
Nella stanza di attività A. predilige la “Pallestra”, una sorta di piscina ricolma di palline colorate nella quale si rilassa lungamente, abbandonando le classiche stereotipie con gli oggetti filiformi.





COMPORTAMENTO
A. trascorre gran parte della giornata giocherellando con spaghi, fili, cordicelle di circa 20/25 centimetri, tirandole ed attorcigliandole continuamente; reagisce aggressivamente contro sè e contro gli altri quando se ne priva o n’è privato.





Prende a tallonare gli operatori durante la giornata; “partecipa” alle discussioni frapponendosi di solito fra i due interlocutori, costretti così a continui spostamenti per potersi guardare in faccia.

Nel tempo ha espresso chiaramente la predilezione nei confronti di taluni operatori e una serie di pazienti; ha modalità comunicative pre-verbali con A., L. e G.





A differenza del comportamento quotidiano, legato alle stereotipie descritte per gran parte del giorno, durante le “prove” teatrali, A. è sembrato aprire le finestre dell’attenzione assumendo generalmente un comportamento partecipativo mediante cambiamenti posturali ed espressioni facciali correlate all’evento ed al contesto, rispecchiandosi spesso nello stato d’animo di coloro che erano impegnati nella performance (cfr. video).









A. D. D.








DATI ANAGRAFICI E STORICI

Anni 54

Non sono rilevati inserimenti istituzionali precedenti

Inserito nel Centro nel 1968









DIAGNOSI

Ritardo mentale grave in ipotiroidismo congenito e pregresse crisi generalizzate tonico-cloniche. Dolicomegacolon.

Gastrite cronica.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG, con buona capacità di rievocazione.

Tendenza all’isolamento ed a rituali ossessivi.

Grave deficit dell’oculomozione.

Comprensione verbale discreta nell’ambito del livello cognitivo presente; produzione verbale limitata a poche semplici parole-frasi.

Deambulazione autonoma assistita, rallentata ed incerta con rincorsa del baricentro; buona la funzionalità degli arti superiori.

Necessita di assistenza costante per tutte le attività di vita quotidiana, ad eccezione dell’alimentazione.

Alvo diarroico. Incontinenza urinaria.









AMBIENTE DI VITA

Si tratta dell’identico contesto descritto in precedenza; inoltre A. frequenta assiduamente la stanza educativa, dove svolge attività di manipolazione con plastilina, creta, ecc., occupandosi anche del riordino del materiale e del locale.








COMPORTAMENTO
A. presenta comportamenti ripetitivi assimilabili a rituali ossessivi, sia dal punto di vista gestuale che verbale (ad es.: continua tendenza allo spezzettamento di cartone senza soluzioni di continuità, frequente richiesta verbale di caffè e conseguente ricerca dello stesso).





Stati emotivi impulsivi acontestuali (scoppi improvvisi di pianto, riso e collera) innescabili anche attraverso parametri sonori relativi al patrimonio pregresso (melodie, cantilene, canti popolari ) ed a ricostruzioni e rievocazioni mnemoniche della prima infanzia (verbalizza parole-frasi relative ad oggetti infantili: campanelli, chiave, baule, gelato, ecc.).





Nello specifico delle attività di gruppo di musicoterapia e nelle attività di vita quotidiana A. ha progressivamente partecipato dilatando gradualmente i tempi d’attenzione (reagendo positivamente agli stimoli degli operatori) attenti a coinvolgerlo progressivamente in dialoghi sonori e pre-verbali.





A tal fine, all’interno delle sequenze scenografiche è stato previsto un particolare ambito spazio-temporale adatto al dialogo mimico-empatico con il paziente.

Tale ambito è consistito nella dilatazione dei parametri (più adatti alla comunicazione non verbale con il disabile grave) ed ha previsto l’uso di sostegni sensoriali e comunicativi (oltre all’uso finalizzato di oggetti simbolici affettivamente riconoscibili).

In tale “fase cullante” sono stati previsti, inoltre, momenti di rispecchiamento e dialogo ravvicinati.

In concomitanza delle prime stimolazioni verbali A. ha dato l’impressione (cfr. video allegato) di cogliere la proposta dell’operatore interagendo positivamente nel contesto scenico.





















CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE




In merito agli obiettivi dell’attività realizzata, alla fine dell’evento e’ stato possibile tentare di impostare i primi elementi di un alfabeto emotivo individualizzato vero e proprio, riproponibile in altre situazioni simili, allo scopo di ampliare le possibilità espressive e comunicative dei pazienti e degli operatori.





Nel triennio 2001 – 2004, nell’ambito delle nostre attività curriculari di comunicazione non verbale, sono stati realizzati tre laboratori di drammatizzazione, documentati e valutati attraverso protocolli di osservazione diretta e partecipe (Scotti Francesco,1984) e videoregistrazioni elaborate dagli operatori coinvolti.



Negli anni precedenti, con la consulenza di Giorgio Moretti (Direttore Scientifico dell’Istituto Eugenio Medea-Milano) e di Giorgio Sabbadini (gia’ docente di Riabilitazione presso l’Università’ La Sapienza di Roma) era stata condivisa la necessità di un approccio complesso, globale e multidisciplinare espresso essenzialmente attraverso un corretto lavoro d’equipe.





Per il prossimo anno intendiamo utilizzare il protocollo che G. Moretti ha elaborato nel 1994, a seguito di un sopralluogo avvenuto nella nostra sede (allegato disponibile).





In seguito Moretti divenne membro del Comitato Scientifico che organizzò e gestì il Convegno Nazionale sulla comunicazione non verbale con i disabili gravi del 1996, promosso dall’Opera stessa ( Atti del convegno, 1999).

Durante lo stesso convegno G. Sabbadini ed un gruppo di operatori svolse una relazione sul lavoro di ricerca pluriennale nel settore della comunicazione non verbale con disabili gravi.





Il lavoro svolto in quegli anni e’ stato da noi rivisitato ed utilizzato per approfondire l’attività di comunicazione non verbale qui riportata.

Abbiamo cercato di esporre l’esperienza di un gruppo di pazienti ed operatori, consapevoli dei limiti insiti nel racconto di un evento con valenze molteplici (emotive, organizzative, ecc.).

Riteniamo in ogni modo di poter affermare che queste nostre esperienze ci hanno permesso di fornire agli ospiti (ed a noi stessi) un nuovo reale strumento di comunicazione.





























BIBLIOGRAFIA





AA.VV.,” L’uomo espressivo e la totalità della persona “, Ed. Nuove Frontiere, Roma, 1999





Cannao M. , Moretti G., “ Il grave handicappato mentale”, Ed. Armando Armando, Roma, 1982





Colombo E., da “I giorni cantati. L’improvvisazione e la regola: la spontaneità possibile”, Ed. La casa Usher, Firenze, 1982





Galimberti U., “Dizionario di Psicologia”, Ed. Utet, Milano, 1997





Ricci Bitti P.E., da “Prospettive in musicoterapia; studi ricerche transdisciplinarietà”, Ed Franco Angeli, Milano, 2001





Scotti F., da “Quaderni di psicoterapia infantile” n° 11, Ed. Borla, Roma, 1984



















































































ARCHIVIO SONORO ESPRESSIVO
materiale d'archivio





Riteniamo importante definire, ai fini dell’esposizione, il termine emozione riportando la definizione che da U. Galimberti nel dizionario di psicologia (1997).





“Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale.

La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico.

Le reazioni fisiologiche ad una situazione emozionante investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare e quelle sensorie con vari disturbi alla vista ed all’udito.

Le reazioni viscerali si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità temporanea d’astrazione dal contesto emozionante.

Le reazioni psicologiche si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, diminuzione della capacità di metodo e di critica.”.





Com’e’ noto la regolazione e rielaborazione delle emozioni coinvolge diversi aspetti (cognitivi, espressivi, fisiologici) dell’esperienza emotiva; e’ pertanto plausibile considerare i cambiamenti che si osservano nella regolazione emozionale, come indicatori del più generale cambiamento che si realizza in particolari contesti di drammatizzazione.





“Per quanto riguarda i due aspetti, l’espressione e il vissuto soggettivo delle emozioni, la mancata riduzione della discrepanza tra comportamento manifesto e vissuto emotivo può costituire un fattore di rischio nella misura in cui impedisce la trasformazione delle emozioni in dati cognitivi, in strumenti di pensiero che permettono l’apprendimento di modalità comportamentali adeguate”.

(Ricci Bitti, 2001)





Regolare le emozioni vuol dire quindi far sì che esse possano essere presenti in schemi cognitivi più sofisticati e forniscono alla vita cosciente una nuova dimensione qualitativa.

Nel lavoro con i disabili gravissimi risulta essenziale, data l’impossibilità della regolazione, fornire strumenti atti al riconoscimento di una determinata emozione (attraverso gli elementi sensoriali tipici del teatro ), in modo da collocarla possibilmente in un iniziale “alfabeto emozionale individualizzato” da riproporre in altre attività riabilitative.









Rifacendosi alla classificazione dei livelli emozionali del disabile grave, elaborata da Moretti-Cannao (1982 ) riportiamo fedelmente le definizioni usate:





Emozioni massive equivalenti; intendiamo con tale dizione indicare quelle risposte indifferenziate, generalmente di ordine psicomotorio o vegetativo, che conseguono a qualunque vissuto emozionale.Certi soggetti gravemente compromessi rispondono, infatti, in modo massivo sia alla gioia che alla paura, sicchè noi, dall’esterno, possiamo dedurre che un’emozione vi e’ stata, ma nulla possiamo dire di essa, della sua qualità e talora neppure della sua intensità, in base alla risposta. Se dovessimo ragionare in termini puramente neurofisiologici, diremmo che è stata data “via libera”, ma che non si e’ verificata alcuna ulteriore elaborazione.





Emozioni bipolari; il soggetto e’ in grado di rispondere selettivamente ad emozioni di segno opposto (gioia-paura, eccitamento-depressione ), ma non riesce a distinguere tra emozioni analoghe, di conseguenza, neppure noi possiamo trarre deduzioni in merito. Delle risposte di alcuni soggetti possiamo, infatti, dire che sono positive o negative, ma è impossibile precisare se si tratta di gioia o di eccitamento, di paura o di depressione, ecc. E’ facile anche notare che il nostro lessico è, a questo proposito, impreciso e che alcuni termini sono usati in un’accezione soggettiva: ad esempio, “depressione” sta qui ad indicare un generico orientamento emozionale. Ciò che ci sembra importante è però il concetto di bipolarià, che si riferisce ad una capacità di discriminazione contrapposta al precedente tipo di risposta emozionale caratterizzato dalla massività.





Emozioni controllate: ovvero stati emozionali che il soggetto è in grado di elaborare a seconda della situazione, ora potenziandoli, ora inibendoli, ora cambiando loro parzialmente di segno (ad esempio, la paura può essere ricercata come fonte di eccitamento). A questo livello è quasi impossibile prescindere totalmente dalla sfera simbolica; anche a questo proposito, diremo che questo è il confine superiore della condizione di gravità, pure se può essere difficile distinguere fin dove il soggetto opera per effettiva discriminazione e quando invece è soltanto confuso.









Il teatro e’ sempre stato un mezzo rilevante per facilitare l’espressione delle emozioni .

E’ nel particolare contesto di un laboratorio teatrale che emergono gesti, vocalizzi, sguardi, movimenti, sentimenti che “ fuori del palcoscenico” rimangono sopiti, insabbiati, a volte appena sussurrati.

Il teatro fornisce all’individuo, anche con disabilità intellettiva, un’opportunità indiretta di comunicazione, meno rischiosa (nei confronti della realtà diretta e parametricamente determinata) della comunicazione lineare (verbale, visiva, tattile, ecc.. ). Quest’ultima può generare ansia, timore dell’errore e rifiuti (nella dinamica tra emittente e ricevente).





Nei giochi dei ruoli e nella tecnica improvvisativa, il soggetto può esplorare comportamenti nuovi, senza assumere immediatamente la responsabilità dell’azione comunicativa finalizzata.

La necessità di fornire questa “protesi” comunicativa ci induce a proporre una esperienza, che potremmo così definire: ” percorso teatrale e musicale finalizzato all'espressione ed alla gestione delle emozioni”.


















”.

Tale scelta e’ scaturita da una duplice necessità:

- facilitare il riconoscimento di alcuni segmenti emotivi (isolamento, rifiuto, riconoscimento, accettazione, incontro…);

- facilitare il mondo esterno al contatto ed alla comunicazione con il grave.





In una prima fase il gruppo di operatori, composto di: educatrice professionale, musicoterapista, assistenti socio sanitari con funzioni educative, volontari (che sono intervenuti prevalentemente nella fase della rappresentazione), si e’ impegnato nella scomposizione dell’evento in unità spazio- temporali, scegliendo e selezionando alcune sequenze sulla base di minimi segmenti emotivi. L’esperienza teatrale risulta, infatti, per i gravi, spesso ipercodificata ed ipersimbolica e quindi un impegno troppo sofisticato, a meno che non si individuano segmenti-comportamentali minimi.





Il gruppo durante le attività curriculari di musicoterapia, ha programmato i ruoli, la partecipazione e la “partitura non verbale”.

Nell’attività di laboratorio il programma è stato realizzato attraverso una serie graduale di stimolazioni sensoriali (uditive, tattili, olfattive, ecc.).

Nel percorso sono emerse per ogni paziente aree sensoriali piacevoli e spiacevoli; in base ai dati raccolti si è descritta la “mappa sensoriale” che ha costituito la base per l’elaborazione (da parte del musicoterapista) della partitura informale non verbale.





Nel nostro caso sono state allestite sette scene teatrali raccordate da ulteriori quattro di collegamento, al fine di permettere ai pazienti più gravi di essere posizionati per la performance successiva.

Sono stati riscontrati generalmente comportamenti adeguati alla proposta non verbale quando si è riusciti a realizzare contesti coerenti dal punto di vista affettivo, sensoriale e comunicativo.

Frequentemente, durante il “setting”di drammatizzazione, ad esempio, Massimo si alzava gesticolando e roteando in una sorta di danza popolare, coinvolgendo anche l’operatore.

Abbiamo notato espressioni facciali rilassate, la ricerca del contatto visivo (mantenuto a lungo) ed una notevole disponibilità al contatto fisico.

La nostra esperienza ci induce ad evitare nell’attività teatrale l’utilizzazione di coreografie, costumi, musiche, ecc, acontestuali, ossia attinenti l’area dell’astrazione o del riferimento simbolico.

Abbiamo pertanto evitato di realizzare scenografie complesse basate su più significati correlati ed astratti.





Centralità del lavoro comune e’ stata quella di amplificare drammaticamente l’evento attraverso l’uso di sostegni sensoriali. I segmenti emotivi sono rappresentati evitando di saturare gli analizzatori, supportati da musiche, luci, movimenti ed espressioni adeguate, al fine di permettere la massima espansione emotiva.

In questo modo, pensiamo, di poter dare a tutti l’eventuale possibilità di codificazione.





Nello svolgersi dell’attività, i singoli operatori hanno avuto lo spazio e la possibilità di esprimere il proprio coinvolgimento.

Questo, a nostro avviso, rappresenta uno degli elementi dell’evento: tale coinvolgimento non e’ affatto scontato e, durante i mesi di lavoro, ha costituito una curva variabile tendente all’ascesa.

Da una fase di particolare attenzione e timidezza rispetto alla proposta, si e’ gradualmente passati ad una messa in gioco dell’operatore.

Questo è auspicabile nel lavoro con i gravissimi, con i quali spesso si ha difficoltà ad entrare in una atmosfera mimico-giocosa.

Riteniamo importante sottolineare alcuni concetti emersi durante il lavoro:

Nell’arco di questi anni, abbiamo progressivamente scelto di realizzare “eventi teatrali” all’interno dei nostri luoghi, accogliendo tra noi tutti coloro che, nel tempo, hanno dimostrato un reale interesse a contattare i nostri ospiti;

Tra le caratteristiche di questo lavoro spicca l’assoluta unicità ed irripetibilità di ogni rappresentazione, legata a quel tipo di ospite, di contesto ambientale, di operatore.





Durante il lavoro il programma ha subito notevoli variazioni non dovute all’assenza di metodologie, bensì alla scelta cosciente e condivisa di tenere, nel massimo conto, le risposte “sul campo” dei pazienti e degli operatori.





Gli ospiti hanno dimostrato, nei mesi, di vivere l’esperienza teatrale nei modi loro propri; la documentazione su questo argomento è corredata dai protocolli di osservazione diretta e partecipe condivisi nelle riunioni di équipe sulla verifica del P.R.I..





I nostri lavori sono caratterizzati da una tecnica improvvisativa e non da una improvvisazione generica (Eugenio Colombo, 1982), in cui molti elementi mimici, comportamentali, gestuali, verbali hanno stimolato un processo comunicativo.

















A titolo di esemplificazione, abbiano selezionato due pazienti, tra i quindici del gruppo, che pensiamo possano rientrare tra le due prime classificazioni (massiva e bipolare) dei livelli emozionali riscontrabili nel disabile grave, in base alle classificazioni di G. Moretti (op. citata).









A. C.




DATI ANAGRAFICI E STORICI
Anni 39

Istituzionalizzato in varie strutture psico-medico-pedagogiche nel centro Italia sin dalla primissima infanzia

Inserito nel Centro nel 1989









DIAGNOSI
Ritardo mentale grave.

Epilessia generalizzata.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG.

Sembra in grado di stabilire rapporti differenziati; tendenzialmente si muove nell’ambiente in maniera irrequieta e spesso si chiude in comportamenti stereotipati.

Assenti comprensione e produzione verbale; discreta la comunicazione di bisogni primari attraverso gestualità, mimica e posture.

Deambulazione autonoma con anche flesse ed addotte, ginocchia flesse e piedi a squadra con aumento della base di appoggio; buona la funzionalità delle mani, impegnate prevalentemente in giochi stereotipati con oggetti filiformi.

Può alimentarsi da solo con le mani; completa assenza di autonomia nelle altre attività della vita quotidiana; necessita di assistenza continua.

“Curioso” per oggetti, ambienti e situazioni; ama ascoltare la musica.









AMBIENTE DI VITA
A.,insieme ad altre persone gravi e gravissime, vive all’interno di un reparto che sembra essere per lui il riferimento ambientale più importante, una vera e propria casa, provvista di refettorio, stanze, bagni e con un lungo corridoio.
Nella stanza di attività A. predilige la “Pallestra”, una sorta di piscina ricolma di palline colorate nella quale si rilassa lungamente, abbandonando le classiche stereotipie con gli oggetti filiformi.





COMPORTAMENTO
A. trascorre gran parte della giornata giocherellando con spaghi, fili, cordicelle di circa 20/25 centimetri, tirandole ed attorcigliandole continuamente; reagisce aggressivamente contro sè e contro gli altri quando se ne priva o n’è privato.





Prende a tallonare gli operatori durante la giornata; “partecipa” alle discussioni frapponendosi di solito fra i due interlocutori, costretti così a continui spostamenti per potersi guardare in faccia.

Nel tempo ha espresso chiaramente la predilezione nei confronti di taluni operatori e una serie di pazienti; ha modalità comunicative pre-verbali con A., L. e G.





A differenza del comportamento quotidiano, legato alle stereotipie descritte per gran parte del giorno, durante le “prove” teatrali, A. è sembrato aprire le finestre dell’attenzione assumendo generalmente un comportamento partecipativo mediante cambiamenti posturali ed espressioni facciali correlate all’evento ed al contesto, rispecchiandosi spesso nello stato d’animo di coloro che erano impegnati nella performance (cfr. video).









A. D. D.








DATI ANAGRAFICI E STORICI

Anni 54

Non sono rilevati inserimenti istituzionali precedenti

Inserito nel Centro nel 1968









DIAGNOSI

Ritardo mentale grave in ipotiroidismo congenito e pregresse crisi generalizzate tonico-cloniche. Dolicomegacolon.

Gastrite cronica.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG, con buona capacità di rievocazione.

Tendenza all’isolamento ed a rituali ossessivi.

Grave deficit dell’oculomozione.

Comprensione verbale discreta nell’ambito del livello cognitivo presente; produzione verbale limitata a poche semplici parole-frasi.

Deambulazione autonoma assistita, rallentata ed incerta con rincorsa del baricentro; buona la funzionalità degli arti superiori.

Necessita di assistenza costante per tutte le attività di vita quotidiana, ad eccezione dell’alimentazione.

Alvo diarroico. Incontinenza urinaria.









AMBIENTE DI VITA

Si tratta dell’identico contesto descritto in precedenza; inoltre A. frequenta assiduamente la stanza educativa, dove svolge attività di manipolazione con plastilina, creta, ecc., occupandosi anche del riordino del materiale e del locale.








COMPORTAMENTO
A. presenta comportamenti ripetitivi assimilabili a rituali ossessivi, sia dal punto di vista gestuale che verbale (ad es.: continua tendenza allo spezzettamento di cartone senza soluzioni di continuità, frequente richiesta verbale di caffè e conseguente ricerca dello stesso).





Stati emotivi impulsivi acontestuali (scoppi improvvisi di pianto, riso e collera) innescabili anche attraverso parametri sonori relativi al patrimonio pregresso (melodie, cantilene, canti popolari ) ed a ricostruzioni e rievocazioni mnemoniche della prima infanzia (verbalizza parole-frasi relative ad oggetti infantili: campanelli, chiave, baule, gelato, ecc.).





Nello specifico delle attività di gruppo di musicoterapia e nelle attività di vita quotidiana A. ha progressivamente partecipato dilatando gradualmente i tempi d’attenzione (reagendo positivamente agli stimoli degli operatori) attenti a coinvolgerlo progressivamente in dialoghi sonori e pre-verbali.





A tal fine, all’interno delle sequenze scenografiche è stato previsto un particolare ambito spazio-temporale adatto al dialogo mimico-empatico con il paziente.

Tale ambito è consistito nella dilatazione dei parametri (più adatti alla comunicazione non verbale con il disabile grave) ed ha previsto l’uso di sostegni sensoriali e comunicativi (oltre all’uso finalizzato di oggetti simbolici affettivamente riconoscibili).

In tale “fase cullante” sono stati previsti, inoltre, momenti di rispecchiamento e dialogo ravvicinati.

In concomitanza delle prime stimolazioni verbali A. ha dato l’impressione (cfr. video allegato) di cogliere la proposta dell’operatore interagendo positivamente nel contesto scenico.





















CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE




In merito agli obiettivi dell’attività realizzata, alla fine dell’evento e’ stato possibile tentare di impostare i primi elementi di un alfabeto emotivo individualizzato vero e proprio, riproponibile in altre situazioni simili, allo scopo di ampliare le possibilità espressive e comunicative dei pazienti e degli operatori.





Nel triennio 2001 – 2004, nell’ambito delle nostre attività curriculari di comunicazione non verbale, sono stati realizzati tre laboratori di drammatizzazione, documentati e valutati attraverso protocolli di osservazione diretta e partecipe (Scotti Francesco,1984) e videoregistrazioni elaborate dagli operatori coinvolti.



Negli anni precedenti, con la consulenza di Giorgio Moretti (Direttore Scientifico dell’Istituto Eugenio Medea-Milano) e di Giorgio Sabbadini (gia’ docente di Riabilitazione presso l’Università’ La Sapienza di Roma) era stata condivisa la necessità di un approccio complesso, globale e multidisciplinare espresso essenzialmente attraverso un corretto lavoro d’equipe.





Per il prossimo anno intendiamo utilizzare il protocollo che G. Moretti ha elaborato nel 1994, a seguito di un sopralluogo avvenuto nella nostra sede (allegato disponibile).





In seguito Moretti divenne membro del Comitato Scientifico che organizzò e gestì il Convegno Nazionale sulla comunicazione non verbale con i disabili gravi del 1996, promosso dall’Opera stessa ( Atti del convegno, 1999).

Durante lo stesso convegno G. Sabbadini ed un gruppo di operatori svolse una relazione sul lavoro di ricerca pluriennale nel settore della comunicazione non verbale con disabili gravi.





Il lavoro svolto in quegli anni e’ stato da noi rivisitato ed utilizzato per approfondire l’attività di comunicazione non verbale qui riportata.

Abbiamo cercato di esporre l’esperienza di un gruppo di pazienti ed operatori, consapevoli dei limiti insiti nel racconto di un evento con valenze molteplici (emotive, organizzative, ecc.).

Riteniamo in ogni modo di poter affermare che queste nostre esperienze ci hanno permesso di fornire agli ospiti (ed a noi stessi) un nuovo reale strumento di comunicazione.





























BIBLIOGRAFIA





AA.VV.,” L’uomo espressivo e la totalità della persona “, Ed. Nuove Frontiere, Roma, 1999





Cannao M. , Moretti G., “ Il grave handicappato mentale”, Ed. Armando Armando, Roma, 1982





Colombo E., da “I giorni cantati. L’improvvisazione e la regola: la spontaneità possibile”, Ed. La casa Usher, Firenze, 1982





Galimberti U., “Dizionario di Psicologia”, Ed. Utet, Milano, 1997





Ricci Bitti P.E., da “Prospettive in musicoterapia; studi ricerche transdisciplinarietà”, Ed Franco Angeli, Milano, 2001





Scotti F., da “Quaderni di psicoterapia infantile” n° 11, Ed. Borla, Roma, 1984























































































































L'enigma di Kaspar Hauser

Il teatro



Da sempre l’umanita’ , a vari livelli , ha vissuto situazioni che possiamo definire “ai limiti della sopravvivenza” ; si pensi , ancora oggi , a certi documentari che descrivono la vita di sacche estese di popolazioni nel terzo mondo. Soltanto alcuni decenni fa , ed ancora oggi in talune localita’ , anche in Italia, permangono isole di arretratezza sociale. In tali ambiti l’individuo ed il gruppo ha sempre cercato evidentemente il cambiamento , incorrendo spesso in mille difficolta’ e resistenze. Una delle forme privilegiate di tali tentativi è stata sempre il teatro , inteso anche in chiave terapeutica (basti pensare al fenomeno del tarantismo nel Salento) , realizzato attraverso forme di drammatizzazione coreutico-musicale tesa a rappresentare le problematiche con finalita’ di condivisione e di superamento. Anche il teatro spettacolare non sfugge al rito pseudoterapico , generalmente mettendo in scena ansie ed angoscie , emarginazioni e vere e proprie tragedie che trovano nel rito collettivo una forma di espressione , base essenziale per ogni ipotesi di soluzione .

















Il teatro di strada




In riferimento alle tecniche teatrali storicamente piu’ diffuse ci sembra doveroso far riferimento ad alcune in particolari :

in considerazione delle priorita’ quotidiane legate alle essenziali attivita’ metropolitane , il modo di far teatro scelto dagli operatori in oggetto si è veicolato sempre di piu’ ad una sorta di teatro di strada , tipico delle compagnie itineranti medioevali.

Accanto a questo riferimento rilevante è apparso l’elemento improvvisatorio , tipico del Living Theatre di Beck , del Teatro della spontaneità di Moreno , Odin Theatre .






La valenza autoformativa




Nell’attivita’ con adulti gravissimi , come ripetutamente abbiamo rilevato , difficilmente si parla di oggettivi miglioramenti. Conviene generalmente far riferimento a variazioni nel campo delle atrofie da disuso che spesso affliggono i nostri ospiti ; oltre alle variazioni toniche , emotive , comportamentali e generali , attraverso il nostro lavoro siamo riusciti parzialmente ad impostare spezzoni di codici comunicativi che sono tali nella misura in cui vengono fatti propri da tutto l’istituto ed in altre realtà riabilitative. . Non si guardi pertanto a questo lavoro come ad un lavoro lineare che cresce e si evolve in positivo senza soluzioni di continuita’.Ci si limiti a valutarne le potenzialita’ sulla base dei piccoli successi quotidiani ottenuti che abbiamo verificato negli anni , spesso seguiti da periodi di insuccessi.

Ad evidenti aperture comunicative e relazionali possiamo associare la piccola grande conquista che tutti insieme abbiamo realizzato nelle minime significative modificazioni del reparto rese possibili grazie ad un modo nuovo di osservare e vivere gli ospiti anche partendo dal mettere un po’ in crisi la nostra impostazione professionale tradizionale ed il nostro modo di porci di fronte alla disablità grave.

Una persona con un svantaggio grave è seriamente candidata a restare tale per tutta la vita e i nostri piccoli sforzi stanno cercando di conquistare nella relazione riabilitativa piccoli traguardi per affrontare il mondo; è nostra convinzione che anche per il grave è possibile costruire la mentalità giusta per superare i problemi quotidiani disponendo di metodologie , volontà e fiducia in se stessi e negli altri. Abbiamo cercato e cerchiamo tutti insieme di formarci ad una gestione positiva e collettiva dei problemi , dei conflitti e degli ostacoli.







L’esperienza




Questa esperienza di “teatro di reparto” nasce da un gruppo di operatori dell’Opera Don Guanella di Roma che operano con disabili adulti gravi istituzionalizzati. Fin dall’inizio l’obiettivo (per quanto riguarda gli aspetti formativi) non era di “divertirsi” a fare teatro , ma di capirne il significato ed affrontare i meccanismi interni. Più tardi si è lentamente sviluppato un dibattito interno progressivo che gradualmente ha approfondito i vari aspetti della rappresentazione: emozioni , ritmi , sequenze , espressione verbale e non verbale , luci , colonna sonora , coreografia , scenografia, etc.

Dopo avere oscillato tra varie scelte il gruppo ha scelto la strada difficile della stesura collettiva di un “copione verbale e non verbale”: un impegno intellettuale maggiore , una sfida più netta verso l’esterno , un salto qualitativo rischioso.

Il primo elemento metodologico individuato è stato constatare che la proposta di rappresentazione non deve essere infantile , pur viaggiando operativamente su parametri materno-infantili. In concreto significa che proporre agli operatori di rappresentare “i tre porcellini” o “il gattopardo” di Tomasi da Lampedusa è certamente una questione che (scegliendo la seconda ipotesi) può motivare di più i caregiver non costringendoli ad una esposizione materna che potrebbe metterli inizialmente in difficoltà. Nella nostra esperienza abbiamo verificato che sia la fiaba infantile che l’opera d’avanguardia teatrale contengono le sequenze emotive essenziali per impostare la rappresentazione. Abbiamo quindi ritenuto importante accogliere la proposta di “alto livello culturale” , di partiture e copioni odierni ed attuali , atti ad interessare gli operatori e motivarli.

La difficoltà maggiore però è stata la gestione del tempo. Due ore alla settimana non bastavano e spesso , a causa di impegni quotidiani curriculari , non si riusciva a fare neanche quelle. Si e’ andati avanti lo stesso , dividendoci i compiti e facendo anche “riunioni” parziali.

Individuazione del tema :- “il rapporto tra il disabile grave e la comunità” , non solo per quanto riguarda l’isolamento oggettivo dovuto alla patologia , ma anche per i suoi aspetti “sociali” e culturali.-

E’ stato il musicoterapista ad incaricarsi di far circolare una storia da raccontare , che pensò di individuare nella trama del film di Herzog “L’enigma di Kaspar Hauser”.

Si è pensato subito istintivamente ad un teatro informale , non verbale , con punte anche comico-grottesche , capace di far riflettere provocando positivamente il pubblico. Sono nate discussioni tra una terapia e l’altra , un bagno ed un pranzo , una pausa in infermeria ed un incontro in ascensore , incontri anche sterili e noiosi , in cui si accumulavano e buttavano idee a getto continuo. Infine siamo arrivati all’idea di un filo conduttore che legasse diversi quadri sulla storia vera e presunta di Kaspar Hauser (che gradualmente diveniva la storia di un nostro ospite). Lo spettacolo non e’ stato affatto scritto e poi recitato ; una volta stabilito un vaghissimo canovaccio , ci abbiamo lavorato sopra pr costruire le scene , i personaggi etc. In sostanza si voleva dare un “messaggio” , ma senza enfasi, semplice .Al di la’ del contenuto il grosso dell’impegno e’ stato pratico.Dopo una discussione iniziale sul significato di una scena , ci si metteva al lavoro con accanto i nostri ospiti , i quali vivevano con noi i sudori , i nervosismi , le eccitazioni , le depressioni del percorso.

Ognuno era chiamato ad interpretare quel personaggio , in piccoli gruppi avvenivano improvvisazioni (scelta piu’ che metodica obbligata) su quella scena , alcuni facevano il pubblico , altri i suoni , altri pensavano alla coreografia dando la merenda ad un ragazzo. Nel “non detto” si cercava di non perder mai di vista quello che è lo spettacolo teatrale: sarebbe stato un errore concentrarsi sulla stoia di Kaspar Hauser , perdendo di vista il gusto del ritmo , del gioco , del divertimento , delle emozioni , le cose che potevamo condividere con i nostri ospiti.

Un altro momento di crescita comune autoformativa è stato la presa di coscienza di non voler diventare un “gruppo teatrale” e di non puntare a fare uno spettacolo perfetto; lo spettacolo si trasforma , si reinventa ogni volta.

Il vero “successo” e’ stato quello di essere riusciti a trasmettere l’emozione positiva di rappresentare un evento amaro e insieme la speranza del cambiamento, mantenendo sempre visibile il fatto che in scena non ci sono attori ma ragazzi disabili gravi ed operatori. Il pubblico e’ stato stimolato ad usare la sua fantasia e ad interagire con un contesto teatrale originale a tal punto da far rappresentare ai disabili gravi opere articolate e complesse , tali da comunicare la sensazione che si sta vivendo teatro e non attivita’ riabilitative curriculari. Il presente testo assolve il compito solo di un parziale resoconto , essendo stato il vissuto denso di emozioni .










Il percorso operativo




Il contesto generale finale e’ stato quello della Chiesa Del Seminario Minore della Casa S.Giuseppe Opera Don Guanella di Roma ; lì è avvenuta la rappesentazione finale , nel giugno 2006.Il gruppo di operatori è quello del Repartino 2 , gruppo “Risvegli”. “L’enigna di Kaspar Hauser” prende spunto da una storia realmente accaduta a Norimberga : l’abbandono di un disabile grave nella piazza della cittadina, ed i suoi risvolti sociali ed emotivi.

Riassumiamo qui schematicamente le tappe dell’attivita’:




-Proposta del musicoterapista




-Visione del film di Herzog e commento-dibattito




-Estrapolazione delle emozioni maggiormente percepite




-Elaborazione di sequenze sceniche dopo ampia disamina relativa alla fruibilita’ da parte degli ospiti




-Proposta di colonna sonora da parte di un operatore




-Proposta di danze ed elaborazione dei movimenti e dei coinvolgimenti degli ospiti




-Composizione di ballate-commento da parte del musicoterapista




-Definizione dei ruoli di cantore e narratore




-Individuazioni di poesie e testi di prosa per il narratore e prove di interpretazione




-Coinvolgimento di altre figure professionali del Centro (terapisti ,assistenti socio-sanitari, etc.) per i ruoli di sostegno




-Prove teatrali in reparto ed in Chiesa




-Rappresentazione finale







Lo spettacolo continua




I nostri ospiti sono uniti da una assoluta originalità e particolarità dei tentativi di comunicazione , che in taluni casi porta l’osservatore superficiale a definirli “soggetti con gravi problemi di comunicazione”. Nel gruppo tali “difficolta” si amplificano ed i processi di istituzionalizzazione rendono tali persone spesso chiuse in se stesse al punto da produrre a volte comportamenti stereotipati sul tipo di quelli generalmente definiti autistici.

Nel piccolo gruppo e nell’incontro individuale , al contrario , è possibile l’instaurarsi di livelli di comunicazione significativi spesso al di sopra delle più ottimistiche aspettative , ed ancora di più nel contesto di drammatizzazione descritto.

Ecco che improvvismente si aprono alcune finestre dell’attenzione , i “risvegli” , si odono parole , si scherza , si gioca , si suona , si accetta , si rifiuta.

Durante la recita si abbandonano stereotipie , si è capaci di lunghi silenzi , si è tristi insieme agli altri , allegri , si reagisce con gli altri alle diverse musiche.

Ecco che la musica , ad esempio , non è più funzionale (quella di sottofondo) o acontestuale (come spesso quella della televisione) , ma una musica –emozione , che ci aiuta a comprendere che stiamo vivendo un sentimento , uno stato d’animo preciso; cosi’ la musica ci aiuta a categorizzare le emozioni , a ricordarle , a fissarle nel nostro “alfabeto emotivo”.

Così come la figura materna “fa teatro” , rappresenta il mondo al bimbo attraverso le filastrocche e le fiabe , cosi’ gli operatori codificano e classificano le emozioni , le cantano , le disegnano , le danzano , le fissano. Il giorno dopo quella emozione sarà ricordata e fissata sempre di più in reparto attraverso una canzone , una foto , un ricordo , un passo di danza.







Considerazioni conclusive




Gradualmente , durante questa attivita’, gli operatori prendono coraggio ed “entrano in scena” coinvolgendo la propria persona , non solo professionale , la propria affettivita’ , emozioni , sentimenti. Conseguentemente il clima di reparto se ne avvale con positive ricadute. Essi vivono una “avventura teatrale speciale” con i pazienti , ed accresce il loro bagaglio comunicativo . Nel corridoio , dopo la rappresentazione , si sente una strana euforia: si distribuiscono sorrisi ed abbracci , ci si comporta come quando si conquista una vetta alpina. Qualcosa è cambiato , negli ospiti , in noi , che non sappiamo dire ma che sappiamo sentire.

Emerge la necessità di prevedere la realizzazione di una sorta di “dizionario non verbale” per l’operatore , accanto ad una “carta d’identità non verbale” di ogni ospite.

Il lavoro , consapevoli del contenuto ipercodificato ed ipersimbolico di ogni rappresentazione drammatica , al fine di non proporre un impegno troppo sofisticato per i soggetti gravi , ha scelto di individuare segmenti comportamentali , emotivi minimi.

Gli operatori hanno potuto vivere una intensa esperienza ed hanno potuto affinare le capacita’ di:

-concordare le linee di massima dell’interpretazione delle osservazioni;

-prevedere finalita’ ed obiettivi dell’osservazione;

-prevedere la gestione delle dinamiche intergruppali.










Bibliografia




Anolli Luigi, Ciceri Rita, La voce delle emozioni. Verso una semiosi della comunicazione vocale non-verbale delle emozioni, Franco Angeli, Milano 1992

Argenton Alberto (a cura di), L’emozione estetica, Il Poligrafo, Padova 1993

D’Urso Valentina, Rosanna Trentin (a cura di), Psicologia delle emozioni, Mulino, Bologna, 1998

D’Uso Valentina, Rosanna Trentin (a cura di), Sillabario delle emozioni, Giuffrè, Milano, 1992

Dogana Fernando, Suono e senso. Fondamenti teorici ed empirici del simbolismo fonetico, Franco Angeli, Milano, 1998

Fraisse Paul, “Emozoni” in Motivazione, emozione e personalità, a cura di P. Fraisse e J. Piaget, Einaudi, Torino, 1974

Langer Susanne K., Sentimento e forma ; Milano, Feltrinelli, 1975

Panchieri P., Stress, emozioni, malattia, Mondadori, Milano, 1980

Pettinari I., Semiotica delle Passioni, Progetto Leonardo, Bologna, 1991

Tiberi Emilio, Il primato delle emozioni, Giuffrè, Milano, 1988

Vincent Jean Didier, Biologia delle passioni, Einaudi, Torino, 1988