sabato 5 dicembre 2009

Esperienza di musicoterapia nel contesto interdisciplinare

Premessa

E’ spesso convenzione comune che l’ingresso in comunità o istituto residenziale sia sinonimo di restrizione o perdita delle capacità relazionali o di autonomia.
Lo studio pilota dimostra come anche l’istituzionalizzazione, in un ambiente capace di rispondere alle esigenze reali, riabilitative, educative e assistenziali del diversabile in età adulta, consenta di ottenere concreti risultati sia sul versante delle funzioni di base e delle autonomie, sia su quello relazionale, anche in presenza di gravi compromissioni.
In alcuni casi, come quelli in oggetto, l’istituzionalizzazione e il percorso riabilitativo rappresentano la possibilità di recupero della capacità di reimpostare le abilità sociali e relazionali, partendo da una nuova consapevolezza ed accettazione dei limiti che la disabilità comporta.
L’intervento di musicoterapia in ambiente interdisciplinare corrisponde a integrare e armonizzare le diverse risorse e modalità di approccio finalizzate alla ricerca di modulare le varie istanze comunicative e le probabili, possibili aperture di nuovi codici comunicazionali relativi soprattutto a quei messaggi a volte difficilmente verbalizzabili.
Per ragioni logistico-organizzative non si verificano frequentemente condizioni favorevoli ad un lavoro interdisciplinare come nei casi presentati. I risultati positivi rappresentati dal raggiungimento di obiettivi riabilitativi e dalle ripercussioni benefiche del trattamento sullo stato clinico e comportamentale dei pp. attestano l’efficacia della cooperazione e dell’intervento di tipo olistico nella terapia di un disturbo che investe l’intera esistenza dei pp. e dei loro “care givers”.

I lavori qui di seguito illustrati evidenziano il ruolo e l’efficacia della musicoterapia nell’approccio interdisciplinare. L’assioma di base dei due casi, che presentano una diagnosi di ritardo mentale, è rappresentato dai concetti: armonizzazione, sintonizzazione, iso e oggetto intemediario (in appendice).


I° caso

Musicoterapista, Terapista della Riabilitazione, Educatore Professionale, Assistente socio sanitario con funzioni educative: P.F., C.T., B.C., S.A.

Anamnesi di C.F.

C.F. nasce in brefotrofio nel 1932, dove viene riconosciuto dalla madre.
Da notizie riferite da una parente di F., (da parte di madre), la mamma presentava una non “normalità fin dalla nascita”, situazione che i sarebbe aggravata in seguito ad una malattia che però non trova specificazioni.
Sempre la parente riferisce che la mamma di F. rimase in stato interessante verso i 17 anni quando lavorava presso una famiglia di contadini.
Questo primo figlio A., insufficiente mentale, per interessamento di un sacerdote fu ricoverato presso un Istituto.
La famiglia originaria della mamma di F. era così composta: madre, padre, un unico figlio maschio e tre femmine. Il figlio maschio morì in guerra, il padre dopo sei anni di malattia. Le ultime due figlie femmine si sposarono mentre la mamma di F. rimase con la madre.
A 37 anni rimane di nuovo incinta, niente si riesce a sapere circa la paternità: nacque F. che sempre per interessamento di un sacerdote fu ricoverato in Istituto.
La mamma di F. non viene accolta dalle sorelle (“rifiutandola in quanto non capiva niente”) e viene ospitata presso un Istituto per anziani, muore nel 1975.
F. ha sempre ricevuto visite dalla nonna. Gli unici parenti per timore di doverlo poi accogliere in casa se ne sono sempre disinteressati. Sono stati fatti vari tentativi per sollecitare e sensibilizzare i parenti ma senza alcun risultato. A volte F. e il primo figlio della mamma A. si sono incontrati. Nel 1990 il fratello A. ospite presso una casa famiglia, muore.

Estratto dati dalla cartella di accompagno:

Aprile '96 comportamenti di chiusura e di isolamento nei confronti della comunità. Pianto, vomito. Scarsa partecipazione alle attività.
Maggio ’96: l’atteggiamento appare modificato, migliorata la relazione con l’altro, scomparso il vomito, si alimenta con normalità. Viene, in seguito, ricoverato per intervento chirurgico (ernia inguinale).
Giugno ’96: continuano le crisi di pianto. Continua lo stato depressivo (trattamento farmacologico) anche se gli operatori rilevano piccoli miglioramenti di alcune condotte di base. F., comunque necessita della presenza costante di un operatore.
Dicembre ’96: non partecipa alle attività, appare distaccato e distante dai compagni.
Aprile '97: Le condizioni cliniche, secondo la neurologa e il medico di base, sono molto migliorate e sono regrediti le frequenti crisi di pianto e di agitazione psico-motoria. Viene rilevato un calo ponderale intorno ai 4/5 Kg. (questo in circa 2 mesi) da riferirsi probabilmente alle difficoltà masticatorie.
Gli operatori riferiscono che la gestione di F. è difficile in quanto appare completamente avulso dalla realtà e quindi incapace a relazionarsi con l’altro. Le frequenti crisi di pianto e agitazione psico motoria non permettono un adeguato inserimento nei gruppi di attività. F. necessita della presenza costante ed esclusiva di un operatore.
Giugno ‘97 : F. in occasione di una festa appare abbastanza tranquillo, maggiormente gestibile.
Settembre ’97: F. in occasione di una gita al mare è apparso discreto l’adattamento, anche se permangono le crisi di pianto e a volte una accentuata agitazione psico motoria.
Ottobre ’97: nel diario clinico la neurologa riporta: “le condizioni cliniche possono considerarsi sostanzialmente soddisfacenti…”
Novembre ’97: F. in seguito ad un incidente ha riportato ustioni di I° e II° grado. Viene ricoverato in Clinica Dermatologica al reparto ustionati.
Dicembre’97: F. viene ricoverato in reparto di chirurgia. Viene dimesso con diagnosi di “cistite”. Le ustioni sono in via di guarigione. Rimane per tutto il periodo natalizio a letto”.

Dal 1998 è ospite presso il nostro Istituto.

Osservazione e valutazione

F. presenta una postura assai chiusa in posizione fetale, con blocchi articolari e tensione muscolare.
Fin dalla presa in carico da parte dell’Istituto appare subito chiaro un quadro diagnostico particolarmente severo.
L’insufficenza mentale è così profonda da limitare di fatto qualsiasi forma di gestione autonoma della propria vita. E’ presente una tetraparesi spastica che lo costringe in carrozzina con presa in carico totale da parte del servizio assistenziale-educativo, in tutti i momenti di vita quotidiana.
Per via della presenza di ecolalie, spesso con volume assolutamente elevato in qualsiasi ora del giorno e della notte, è assai complesso favorire i rapporti relazionali/sociali con i suoi compagni di reparto.
Si rende così necessario attrezzare una stanza singola dove F. trascorre gran parte della giornata e della notte e dove nei momenti di maggiore tensione e difficoltà, viene accompagnato.
Ad una prima osservazione F. mostra un atteggiamento di distacco e indifferenza nei confronti dell’ambiente. Postura a guscio, tiene gli occhi chiusi e solo su stimolazione li apre (comunque si è in presenza di un deficit visivo); sempre stimolato risponde, spesso in modo inadeguato.
Da un punto di vista emotivo si è in presenza di continue e repentine variazioni: F. alterna momenti di agitazione, urla, pianto dove non sempre è possibile individuare i fattori scatenanti, a momenti di relativa calma.

Dopo un primo periodo di osservazione, l’equipe operativa individua una serie di obiettivi:
risposte immediate ai bisogni primari;
prevenzione della sindrome di allettamento;
riduzioni delle limitazioni osteo-articolari e dei disturbi trofici;
diminuzioni delle ecolalie e favorire il rilassamento corporeo.

A livello dei contenuti strettamente educativi sono state previste strategie per:

favorire le residue capacità di scambio relazionale e/o di espressione degli stati d’animo in atto;
favorire un clima di tranquillità quale base essenziale per gli scambi relazionali.

Successivamente nasce il bisogno di integrare le varie competenze professionali nel perseguimento degli obiettivi individuali.
Dopo un periodo di osservazione del paziente in ambiente di vita si decide in accordo con l’educatrice professionale e la terapista della riabilitazione di riferimento, di dare inizio all’intervento di musicoterapia in laboratorio.
Obiettivo iniziale è favorire stati di rilassamento in un contesto appropriato, e condurre per gradi F. a riconoscersi.
Le sedute prevedono, oltre al musicoterapista, la partecipazione dell’educatrice professionale, della terapista della riabilitazione e dell’assistente socio sanitario con funzioni educative, nel quadro di un setting educativo terapeutico per poter intervenire in sinergia.

Piano di trattamento

Paziente: C.F.,

Età: 72 anni

Diagnosi: ritardo mentale grave, tetraplegia spastica, cardiopatia ischemica, deficit visivo per
atrofia corioretinica bilaterale, epilessia generalizzata, ecolalie.

Frequenza: bisettimanale

Durata: 50 minuti

Tipo: individuale

Obiettivi: rilassamento globale e segmentario per destare la consapevolezza del sé corporeo,
diminuzioni delle ecolalie e recupero relazioni con l’ambiente.
Strategie: riflessione e identificazione, parole onomatopeiche, riflessologia ritmico sonora in
determinati punti di tensione del corpo per permettere il rilassamento delle parti
interessate, con intervento di altre figure professionali in seduta, dialogo sonoro.

Modalità di attività sonoro musicale terapeutiche: massaggio ritmico sonoro per la presa di
coscienza del corpo.

Componenti sonoro musicali: ritmo, tempo, durata, dinamica, melodia.

Strumenti ritmici sonori: tamburello, tamburo, cimbali, piastre sonore in DO e SOL.

Materiali musicali: improvvisazione musicale, brani finalizzati al rilassamento.


Osservazione e valutazione

F. presenta una postura assai chiusa in posizione fetale, con blocchi articolari e tensione muscolare.
Fin dalla presa in carico da parte dell’Istituto appare subito chiaro un quadro diagnostico particolarmente severo.
L’insufficenza mentale è così profonda da limitare di fatto qualsiasi forma di gestione autonoma della propria vita. E’ presente una tetraparesi spastica che lo costringe in carrozzina con presa in carico totale da parte del servizio assistenziale-educativo, in tutti i momenti di vita quotidiana.
Per via della presenza di ecolalie, spesso con volume assolutamente elevato in qualsiasi ora del giorno e della notte, è assai complesso favorire i rapporti relazionali/sociali con i suoi compagni di reparto.
Si rende così necessario attrezzare una stanza singola dove F. trascorre gran parte della giornata e della notte svolge la sua vita e dove nei momenti di maggiore tensione e difficoltà, viene accompagnato.
Dopo un primo periodo di osservazione, l’equipe operativa individua una serie di obiettivi:

risposte immediate ai bisogni primari;
prevenzione della sindrome di allettamento;
miglioramento delle competenze trofiche ed osteo-articolari;
diminuzioni delle ecolalie e favorire il rilassamento corporeo.

A livello dei contenuti strettamente educativi sono state previste strategie per:

favorire le residue capacità di scambio relazionale e/o di espressione degli stati d’animo in atto;
favorire un clima di tranquillità quale base essenziale per gli scambi relazionali.

Successivamente nasce il bisogno di integrare le varie competenze professionali nel perseguimento degli obiettivi individuali

Ad una prima osservazione F. mostra un atteggiamento di distacco e indifferenza nei confronti dell’ambiente. Posizione a guscio, tiene gli occhi chiusi e solo su stimolazione li apre (comunque si è in presenza di un deficit visivo); sempre stimolato risponde, spesso in modo inadeguato.
Da un punto di vista emotivo si è in presenza di continue e repentine variazioni: F. alterna momenti di agitazione, urla, pianto dove non sempre è possibile individuare i fattori scatenanti, a momenti di relativa calma.

Dopo un periodo di osservazione del paziente in ambiente di vita si decide in accordo con l’educatrice professionale e la fisioterapista di riferimento, di dare inizio all’intervento di musicoterapia in laboratorio.

Obiettivo iniziale è favorire stati di rilassamento in un contesto appropriato, e condurre per gradi F. a riconoscersi.

Le sedute prevedono, oltre al musicoterapista, la partecipazione dell’educatrice professionale, della terapista della riabilitazione e dell’assistente socio sanitario con funzioni educative, nel quadro di un setting educativo terapeutico per poter intervenire in sinergia.

Iter di terapia: strumenti e metodi.

L’intervento è di tipo passivo, definito come ascolto e recupero: il corpo diventa strumento e organo di ricezione. Il suono è per di più circolare, in questo caso specifico viene combinato con le manovre del terapista della riabilitazione per favorire il rilassamento dei punti di tensione e l’intervento educativo per la relazione in ambiente, per contribuire al recupero del vissuto ritmico sonoro e creare un apertura dei canali emozionali.

Le parti del corpo interessate al massaggio ritmico sonoro individuate in modo da ridurre i punti di tensione sono: pianta dei piedi, coscia, ginocchia, polsi, scapole, plesso solare, schiena, inguini.

Gli strumenti ritmici sonori individuati per le parti del corpo interessate sono:

piastre sonore in alternanza tonalità DO e SOL per le piante dei piedi, cosce e ginocchia;
tamburello e tamburo per il plesso solare e schiena;
tamburello per le scapole;
cimbali per i polsi.

Gli strumenti vengono suonati direttamente sui diversi frammenti corporei o tenuti leggermente
sollevati in modo da permettere le vibrazioni.

Brani utilizzati per favorire il rilassamento e contenitivi individuati nello specifico (di origine etnica) sono: canti Navajos, armonie del Pakistan con contaminazioni Jazz, tradizione Cinese e Ebraica.

Descrizione sedute

Disteso sul materassino, risponde positivamente al massaggio ritmico sonoro: rilassamento dei punti di tensione. Il contatto fisico, sia ritmico sonoro che manipolativo comportano situazioni di tranquillità, modificando l’atteggiamento comportamentale iniziale all’intervento (urla, pianto etc.), la mimica facciale da espressione tesa passa gradualmente ad uno stato di distensione, che nel corso della seduta aumenta nel tempo.
Si stabilisce un canale comunicazionale di accettazione incondizionata empatica, di rispecchiamento empatico, conferma dell’identità di F.
Il corpo, specialmente per la struttura fisica di F., come centro della percezione, rappresenta il punto di partenza per giungere alla consapevolezza di sè stesso e alla possibilità di espressione all’interno di un dialogo sonoro.
Quindi, recupero e risveglio del vissuto sonoro primario passando per il corpo memoria.
Questo avviene tramite l’ascolto. Ascolto nel senso proprio di fisica acustica e al fenomeno della risonanza. Il suono è onda di pressione. Un corpo vitale è un corpo che vibra, vibra per risonanza. Un corpo malato, che per varie vicissitudini, si è chiuso al mondo, che non evolve più, è un corpo che ha smesso di vibrare e quindi di ascoltare. E’ un corpo che non risuona più, non entra più in relazione. Se un corpo non suona e non vibra, cessa anche di muoversi e soprattutto di muoversi in modo intenzionale.
Si viene a creare, nel suonare i cimbali, il tamburello, le piastre sonore in riferimento alle parti del corpo individuate, una risonanza all’interno di una relazione che si sta costruendo. Il musicoterapista suona mettendosi in accordo con il tempo e il tono di F., con la sua energia e con i suoi segnali (matching, pacing, leading). Sintonizzandosi con il suo residuo di vibrazione in modo da consentire a F. di aprirsi e di lasciarsi vibrare naturalmente.
Lal T.d.R. è intervenuta durante lo svolgimento delle sedute, con tecniche e manovre masso e kinesiterapiche con lo scopo di valutare, facilitare e verificare la risposta tonico-motoria del p. alle stimolazioni musicoterapiche.
Il suo intervento, programmato per integrarsi con quello del Musicoterapista, dell’Educatore Professionale e dell’Assistente socio-sanitario con mansioni educative, in sede progettuale, pur seguendo la traccia del protocollo concordato, ha trovato un’estrinsecazione sintonica più vicina, in certo qual modo, alla precisione armonica dell’arte che non al rigore scientifico. Mentre sul piano teorico una integrazione delle due modalità sembra del tutto conciliabile ed auspicabile, non lo è sul piano operativo, dove la preoccupazione di aderire strettamente alle procedure sperimentali blocca irreparabilmente le qualità di ascolto della globalità dell’Altro, e di espressione della propria, indispensabili alla soluzione del problema.
L’atmosfera serena del setting, l’utilizzazione di suggestioni musicali distensive e mirate al rilassamento profondo, hanno modificato, in questo caso, lo stato di coscienza degli operatori, livellandolo con quello del p., e fornito la base per la creazione di un sistema armonico complesso con potenzialità terapeutiche molto più elevate. Effetto, questo, largamente previsto dalle ultime scoperte di Carl Pribram, Rupert Sheldrake e David Bohm rispettivamente negli ambiti di ricerca in Neurofisiologia, Biochimica e Fisica Quantistica.
Nel corso delle sedute, si è configurato un modus operandi più evoluto, in rapporto a quelli convenzionali in uso nell’Istituto a beneficio degli operatori, i quali, al termine della seduta percepivano uno stato interno di benessere e si sentivano “carichi energeticamente”, ma soprattutto a beneficio del p., il quale poteva finalmente godere di un ampio recupero tonico-emotivo.
Inizialmente, infatti, all’arrivo, egli si presentava in postura fetale, grave rigidità generalizzata, ipertono flessorio, iperventilazione, ecolalia, stereotipie verbali associate a configurazione mimica dolorosa e, talvolta, pianto. La sofferenza manifestata dall’atteggiamento corporeo, non lasciava spazio ad alcun tentativo di comunicazione. Alla valutazione kinesiologica la rigidità e l’ipertono mostravano qualità “plastiche” scarsamente modificabili nell’entità.
Durante la somministrazione delle vibrazioni sonore la rigidità e l’ipertono tendevano a ridursi consentendo una mobilizzazione più ampia nei distretti interessati, la quale, a sua volta, produceva una parziale normalizzazione del tono muscolare e del trofismo tessutale. La respirazione assumeva, progressivamente, un ritmo più lento e regolare, mentre le stereotipie verbali associate ai segni di carattere ansioso-iperattivo si attenuavano fino alla scomparsa.
Contemporaneamente, aumentava la capacità di ascolto, permettendo all’Educatore di stabilire un dialogo seppure, limitato, con il p., il quale appariva più ricettivo e partecipe.
Altri parametri fisiologici come la frequenza cardiaca, la temperatura e la sudorazione mostravano la tendenza a stabilizzarsi su livelli più prossimi alla normalità nel corso della seduta, al termine della quale si rilevava una caduta dell’ipertono globale, con particolare riferimento ai distretti interessati da retrazioni muscolo-tendinee e limitazioni articolari . La mimica appariva distesa ed il p. immerso in uno stato di profondo rilassamento ed attenzione vigile, in quanto reattivo alle richieste ambientali.

Il rapporto con le vibrazioni rappresenta un ritorno ad un vissuto primario. E’ la rappresentazione di un ambiente già noto che viene riconosciuto. Questa sollecitazione, la vibrazione, riproposta sul corpo, sui vari punti viene riconosciuta come memoria e riporta a un vissuto gratificante che apre alle emozioni e al piacere. L’ambiente già favorisce questo processo: i suoni circolari del tamburello, dei cimbali, delle piastre sonore con transitori di estinzione lunghi danno vita al processo evocativo, per sfociare nel vissuto emozionale.
Durante il percorso si rilevano degli indici esternamente percettibili dei cambiamenti che avvengono nel mondo interno di F.: rilassamento dei muscoli, movimenti di apertura e chiusura, cambiamento del tono della voce, cambiamenti della respirazione.
Aumenta sensibilmente, specialmente dopo la seduta, lo stato di benessere, diminuiscono infatti le ecolalie e lo stato di tensione muscolare.
Lo stato di tranquillità continua anche quando F. ritorna in reparto.

I risultati pratici dell’approccio interdisciplinare rivelano una maggiore frequenza di F. nel gruppo strutturato di attività di vita quotidiana: F. si mostra in condizione di tranquillità.

Gli operatori coinvolti in questo caso hanno coordinato ed integrato i loro contributi convergendoli verso l’obiettivo del rilassamento globale del p. con lo scopo di favorirne l’ascolto e la comunicazione, svincolandoli da stereotipie e meccanismi reattivi di difesa, evitamento e rifiuto.
Il trattamento sperimentale ha dimostrato la validità della presa in carico globale del p. e l’importanza dell’intervento multidisciplinare in ambito riabilitativo. Può essere utilmente generalizzato a tutti quei casi nei quali si debba ristabilire un’attività correlata al tracciato E.E.G.. di tipo alfa al quale corrisponde uno stato di rilassamento generalizzato ed una disponibilità percettiva, in grado di consentire alle informazioni sensoriali, provenienti dall’ambiente, di essere integrate dalle strutture di elaborazione subcorticale e del S.N.A. presupposti indispensabili alla comunicazione ed alla relazione nei pp. insufficienti mentali, con disturbi cognitivo-comportamentali a componente tonico-emotiva importante

II° caso

Musicoterapista, Logopedista: P.F., R.G.

Anamnesi di F.G.

F.G.: E’ secondogenito di quattro figli. Nasce in Brasile nel 1958. Il padre è deceduto ed è presente un rapporto conflittuale con la madre con accentuate note disforiche ogni volta che rientra in Istituto dai fine settimana trascorsi a casa.
Ha buoni rapporti di amicizia con alcuni volontari di una comunità che lo frequentano regolarmente. Torna a casa nei fine settimana, a Natale, Pasqua e d’estate.
E’ presente una insufficienza mentale di tipo medio lieve su cui incide il delirio di base. Scolarizzato fino alla V° elementare, possiede discrete competenze a livello di lettura, scrittura, calcoli aritmetici. Conosce i colori principali. Discrimina grandezza e quantità. Legge quotidiani sportivi. E’ in grado di identificare oggetti comuni e distinguerli a secondo del loro uso. L’attenzione è incostante e condizionata dai contenuti ideativi deliranti. Buona è la memoria sia di fissazione che di rievocazione così come l’orientamento spazio-temporale.

All’ingresso in Istituto, 1994, il paziente in oggetto presentava le caratteristiche seguenti:

affetti e relazionalità influenzati da una ricca produzione delirante a sfondo persecutorio con tematiche di contaminazione (dell’acqua, dei cibi) e di malattia (“ho da anni una compressa in gola…) con comportamento consequenziale con assenza di critica verso tali interpretazioni. Le relazioni con gli altri erano molto superficiali e scarsamente investite al livello affettivo. Nei rari momenti in cui non era pervaso dalle tematiche suddette appariva più partecipe e con disponibilità all’assunzione dei propri errori. La tolleranza alle frustrazioni era molto scarsa con labile controllo emotivo, facilità ad acting-out aggressivi (verbali o agiti) e prevalentemente diretti verso gli operatori. Il ruolo dell’ambiente familiare e della madre in particolare nel mantenere ed alimentare i contenuti deliranti appariva notevole; l’atteggiamento intrusivo e rifiutante della stessa ha verosimilmente portato G. a strutturare una visione pericolosa del mondo esterno.
da un punto di vista linguistico si evidenzia un disturbo disartrico per cui il linguaggio non è facilmente comprensibile, comunque, è sintatticamente strutturato con una capacità di dialogo strettamente legata al contesto comunicativo (da cui tende a sganciarsi per tornare alle proprie produzioni deliranti) e all’ipoacusia bilaterale di tipo percettivo. Non sono presenti alterazioni a livello visivo e tattile.
ipoacusia di notevole entità, proprie per le cadute più cospicue nell’area della voce di conversazione – 1500 hz / 3000 hz – e l’aspetto comportamentale ha costituito una barriera che gli ha precluso la possibilità di aver un corretto contatto dialogante con la realtà..

Piano di trattamento

Paziente: F.G.

Diagnosi: R.M. Medio, psicosi cronica, tetraparesi spastica, grave disartria, epilessia generalizzata, scoliosi dorsale, ipoacusia bilaterale.

Frequenza intervento: bisettimanale

Durata: 50 minuti

Tipo: individuale

Obiettivo: migliorare l’attenzione, comportamento adeguato alla realtà. Attenuazione forme deliranti.
a breve termine: psicosociali contenimento emotivo nei periodi di maggior produzione delirante;
a lungo termine: funzionale mantenimento delle capacità comunicazionali, delle autonomie, dei livelli cognitivi e delle abilità manuali e prassiche;
Psicosociali: attenuazione della produzione delirante e dei comportamenti aggressivi.

Modalità attività musicali terapeutiche: suonare uno strumento, cantare/cantilenare, ricerca brani affettivi
Modalità attività di logopedia: allenamento acustico finalizzato all’educazione all’uso di protesi acustiche; educazione vocale con particolare attenzione all’aspetto articolatorio.
Componenti musicali: ritmo, tempo, dinamica, timbro, altezza, testo brano
Componenti vocali: altezza frequenza e ritmo vocale associato a localizzazione del suono vocale e al controllo di situazioni ambientali esterne.
Strumenti musicali e ritmici: bongos, tamburello, sonagliera, triangolo
Strumenti: audiocassette standardizzate con voci maschili e femminili, ascolto vocale, emissioni vocali coordinate con atto espiratorio, accordo pneumofonico.
Materiali musicali: improvvisazione, testo brano
Materiali vocali: improvvisazioni vocali, testi poetici e prosodici accentati sull’ultima sillaba.
Strategie e tecniche: cantare lasciando completare
Strategie e tecniche: ripetizione dopo l’ascolto. Emissioni vocali guidate con l’uso di gestualità come aiuto per proiezioni vocali, lettura brani, voce cantata, conversazione.

Intervento

L’ipotesi di lavoro che ha caratterizzato il progetto d’intervento con il paziente è partita
dall’idea di utilizzare la musicoterapia all’interno di un progetto terapeutico globale e cioè con
altre tecniche come la logopedia. In tal senso la musicoteapia ha interpretato un ruolo significativo non solo sul piano del non verbale ma anche e soprattutto sul pre verbale, e infine sul verbale nella prospettiva di preparare e facilitare il lavoro parallelo con la logopedista.
Dato il quadro generale del paziente gli obiettivi prefissi erano in funzione di una maggiore attinenza al contesto reale e il rinforzo dell’aspetto comunicativo relazionale. Pertanto è stato effettuato un sostanziale intervento di sensibilizzazione all’uso delle protesi acustiche, inizialmente rifiutate dal paziente, al caso anche proponendone un tipo che per connotazioni tecniche permettesse una migliore percezione uditiva. L’accettazione e l’uso delle protesi e di altri ausilii che consentivano una maggiore autonomia, unito alla ricerca di contenuti che favorissero la motivazione ad una comunicazione più adeguata con l’ambiente (drammatizzazione, interessi esterni….), ha evidenziato un miglioramento globale del linguaggio sia da un punto di vista articolatorio sia in ambito comunicativo. Solo in quest’ultimo anno si evidenzia una fluttuante difficoltà relativa all’apparato articolatorio da porre in relazione con il quadro degenerativo. Attualmente l’intervento è focalizzato proprio sul mantenimento delle competenze verbo acustiche e sull’aspetto articolatorio, cercando sempre di trovare strategie che coinvolgano gli interessi del paziente: lettura di poesie, piccole parti in drammatizzazioni teatrali. Attività gradite, a tal punto, che anche nei momenti in cui fa rientro in famiglia si esercita con i familiari.

La modalità di approccio metodologico, strutturata in due setting differenziati (logopedico e musicoterapico), ha previsto una disponibilità aperta alla produzione sonoro musicale e verbo acustico di G. per:

1.alimentare la motivazione all’espressione e quindi alla creatività per la comunicazione e la socializzazione;
2.cementare un legame affettivo con il terapista attraverso il quale articolare il dialogo sonoro;
3.il controllo di sè, della voce rispetto l’ambiente oltre la coordinazione pneumofonica;
4.costruire un area transizionale che chiameremo campo sonoro dove il linguaggio sonoro rappresenta il mediatore della comunicazione per un lavoro facilitato sul piano della comunicazione non verbale;
5.consapevolezza della fluidità vocale in relazione all’atto espiratorio, lavoro su ritmo e apnee.

Questa progressione si è rilevata essenziale per fornire a G. innanzitutto una maggiore sicurezza nelle proprie capacità espressive e di relazione, per permettergli una possibile attenzione sonora alla realtà ambientale consentendogli di riappropriarsi delle funzioni sonore del corpo (claping, snap…), imparando a risuonare con esso.
Il tipo di ipoacusia che è di notevole entità, proprie per le cadute più cospicue nell’area della voce di conversazione – 1500 hz / 3000 hz – e l’aspetto comportamentale ha costituito una barriera che gli ha precluso la possibilità di aver un corretto contatto dialogante con la realtà.
L’intervento interdisciplinare ha tenuto conto di entrambi gli aspetti: un maggiore contatto permette di distoglierlo dalle forme deliranti.

Pratica:

colloquio con G. per elaborare un profilo sonoro più ricco possibile e per cercare di recuperare elementi utili che permettessero di identificare le dinamiche relazionali in ambiente;
prove di discriminazione uditiva con uso di parole e non parole, prove specifiche per la disartria;
test sulle capacità di discriminazione acustica degli strumenti e strumento-voce da utilizzare in terapia. Esso è costituito da una batteria di suoni derivanti dallo strumentario di lavoro, riprodotti su scale ad intensità diverse – P, MF, F (piano, medio forte, forte) – allo scopo di valutare il “range” in termine di frequenza caratterizzante il piano di audibilità, nonostante la protesizzazione. Il test è stato somministrato schermando gli strumenti utili in terapia, prima con le protesi, poi senza. Procede per tentativi e correzioni;
inquadramento sonoro musicale: è stato realizzato fornendo a G. un ascolto differenziato per qualità timbrica, ritmica, melodica, armonica durante il quale G. si è potuto relazionare ed attivare in base allo stimolo ricevuto, verificando il suo grado di messa in gioco, la disponibilità comunicativa, la volontà di utilizzare gli oggetti sonori, la modalità esecutiva. Spesso la produzione non è sempre legata alla proposta sonora, piuttosto alla scoperta dell’oggetto o dell’evento che si presenta qui ed ora, indice di una frammentazione del vissuto temporale (G. ascolta e suona, poi si perde nelle consuete forme deliranti).

La discriminazione acustica degli strumenti rileva una discreta capacità uditiva ed emerge una possibilità percettiva su intensità medio forte e forte, con protesi.
La discriminazione del messaggio verbale, con protesi, appare migliore relativamente a frequenze vocali più basse e voci maschili.

Gli aspetti fondamentali interessano sia il piano relazionale-comunicativo che quello sonoro produttivo evidenziati dai seguenti livelli:

la discriminazione timbrica, sempre con la facilitazione delle protesi data la serietà del disturbo.
Punto di partenza di G. risultano gli strumenti a bassa frequenza mentre gradualmente si fa
consapevole il passaggio verso timbri più differenziati e acuti; col tempo le sonorità
vengono percepite e riconosciute anche schermando la fonte di provenienza.
La produzione relativa all’intensità nel setting in ambiente di vita residenziale e familiare: soprattutto riesce a porsi nella condizione di attenzione e ascolto. L’uso delle pause diventa una logica conseguenza, rendendolo pronto ad un intervento sulla parola e sulla melodizzazione della frase estendendo il campo delle possibilità timbriche quindi tonali, incentivando la motivazione, qui diventa importante l’aggancio con l’intervento logopedico.
L’approccio logopedico è incentrato sull’attenzione al messaggio verbale, sul controllo di fattori ambientali (maggiore o minore confusione ambientale, illuminazione, vicinanza ed attenzione dell’interlocutore), sulla consapevolezza che la produzione verbale è un atto comunicativo possibile per l’interazione e sinergia dell’apparato articolatorio con quello respiratorio, importanza della fluidità dell’emissione vocale in appoggio alle apnee piene e vuote.
La produzione ritmica e melodica: inizialmente fortissima o generalmente forte, tensione continua della produzione con poche pause, nessun silenzio e rari momenti di ascolto. L’andamento tendeva ad accelerare deviando verso le ricorrenti forme deliranti. L’uso della parola risentiva della incapacità a distribuire nel tempo la scansione ritmica.
Assume nel tempo un significato comunicativo e affettivo con il terapista. Inizialmente
disarticolata, si struttura poi attraverso fasi di stereotipia, imitazione, fino a sfociare ad una
meglio definita creatività. G. impara a gestire intensità e velocità attraverso percorsi di
imitazione, dialogo sonoro, di alternanza nella relazione.
G. impara a strutturare semplici cellule ritmiche, a scandirle sugli strumenti, con la voce.
Gli accenti stabiliscono un punto di riferimento per la produzione; organizza ritmi binari e
poi ternari prima in relazione a semplici gesti, al proprio e altrui nome, fino a frasi più
complesse.

Questa progressione si è rilevata essenziale per fornire a G. innanzitutto una maggiore sicurezza nelle proprie capacità espressive e di relazione, poi per permettergli una possibile attenzione sonora alla realtà ambientale consentendogli di riappropriarsi delle funzioni sonore del corpo, imparando a risuonare con esso.

Descrizione e progressione intervento tipo:

Si è valutata la disponibilità di G. a sviluppare un percorso, che sfruttando l’ascolto musicale e indirizzandosi sulla presa di coscienza della percezione qualitativa dello stesso, lo conducesse alla consapevolezza di un rapporto relazionale qualitativamente costruttivo.
Si è valutata la reale volontà di utilizzazione di protesi acustiche da parte di G. e la disponibilità ad aumentare l’utilizzo delle proprie possibilità comunicative per ridurre la distanza con l’ambiente.

Prima fase: (momento ricettivo) la scelta dei brani è stata elaborata sulla base delle informazioni acquisite: musica leggera anni ’70.
Le sedute comportano vari estratti musicali, da due a quattro. Non viene data consegna di
verbalizzazione (anche se G. è tentato a farlo); un eventuale verbalizzazione spontanea viene
accolta solo se non rappresenta un’evasione dal momento contestuale.
Allenamento acustico, educazione verbale, comunicazione strettamente legata ad argomenti scelti dal terapista, pur nel rispetto degli interessi di G. (calcio) per permettergli di rimanere strettamente legato al contesto.

Seconda fase: presenta solo due o tre estratti, lasciando spazio alla verbalizzazione. G. è stato invitato dopo ogni ascolto, a parlare del contenuto del brano ascoltato (sempre nel rispetto dei suoi limiti): voce, timbro degli strumenti, ritmo, melodia, con particolare attenzione su cosa ha percepito. La consegna verbale, in questa fase, serve per centrare l’ascolto del brano e tenere desta l’attenzione. Ciò che è scaturito dalla verbalizzazione, la qualità dei contenuti relativi al brano ascoltato la propria contestualizzazione, ha confermato anche se dopo momenti di resistenza in cui le componenti deliranti sembravano potessero avere il sopravvento, la teoria per cui se G. è accompagnato, tenuto per “mano”, può staccarsi dai propri “deliri” e trovare punti di interesse e di interazione con la realtà contingente.
Tenere presenti alcune difficoltà reali del paziente che hanno portato a modificare il tipo di protesizzazione passando a protesi acustiche con controllo ACG (Sistema automatico di controllo con taglia picchi) sicuramente più adatte, onde ridurre al massimo la distorsione e il fastidio del rumore ambientale. Accettazione completa di G. del nuovo tipo di protesi acustiche che rivelano una migliore capacità di discriminazione del messaggio verbale. G. mostra un’attenzione migliore nell’ambito comunicativo e l’elemento che permette di restare saldo all’interno di un contesto comunicativo diviene l’ironia e lo scherzo. Diminuiscono fino ad assentarsi episodi di aggressività nei confronti degli operatori.

Terza fase: si è proseguito sulla relazione non più centrata esclusivamente sull’oggetto musicale, costituito dai brani ascoltati, ma sulla relazione finemente duale per poi svilupparsi in gruppo.
G. frequenta anche un gruppo di drammatizzazione, contribuendovi in modo positivo.
L’obiettivo era costituito dalla presa di coscienza della qualità della relazione a due mediata dalla comunicazione non verbale data proprio dallo scambio che scaturisce nel suonare, che permette di esplorare, sperimentare l’oggetto sonoro, mediatore della comunicazione. Il materiale sonoro utilizzato è composto da strumenti differenti benché simili: bongos, tamburelli di diverse dimensioni, xilofono con diverse tonalità
In questa fase il suono, il produrre suono (momento attivo), proprio per la sue qualità sensoriali (tattili, vibratili…) diventa cardine significativo. L’attenzione è riservata al vissuto e alle produzioni sonoro/ritmiche di G. Ponendosi in ascolto osservando i punti di riferimento, le lacune, le confusioni, le resistenze.
Inizialmente si assiste ad un rifiuto dei propri limiti, dovuto, nella maggior parte dei casi, alle incursioni deliranti (intrusioni/debortanti) rappresentati da una timbrica ostinata ed evasiva per poi passare da parte di G. al controllo della sua produzione, alla strutturazione di suoni, alla differenziazione della produzione, al riconoscimento del rapporto piacere/dispiacere per riconoscere, infine, il valore della relazione.
In questa situazione il musicoterapista/logopedista, per G., riveste una funzione contenitiva, favorendo i processi creativi e progressivamente la presa di coscienza di una realtà relazionale qualitativamente migliore della propria strutturazione.
Il linguaggio è appropriato e contestuale, la buona capacità di ascolto e di gioco con l’oggetto/voce permette a G. di esprimersi con una musicalità diversa anche se attualmente permane la difficoltà di effettuare rifornimenti respiratori adeguati.

Osservazioni e considerazioni finali

Le attuali verifiche evidenziano una serie di cambiamenti rispetto alle descrizioni iniziali:

Ascolto: G. adesso “ascolta”, “memorizza”, crea associazioni sonore, le elabora e le utilizza in maniera espressiva. Trasferisce questo “nuovo sapere” nelle attività di drammatizzazione.

Espressione vocale: presenta ancora delle stereotipie vocali anche e si riscontrano miglioramenti nelle condotte relazionali sia con i terapisti che con l’ambiente. E’ più tollerante rispetto ai sentimenti di frustrazione.

Produzione strumentale: nel suonare si nota un atteggiamento corporeo di protensione poi verso il suono. Si è costatato una graduale appropriazione dei linguaggi proposti: suono, ascolto, dialogo sonoro che hanno indotto G. ad una consapevolezza della sua espressività. Il provare piacere nella relazione e la fiducia conquistata comporta una esplorazione del proprio spazio “interno” e un ascolto attivo dello spazio “esterno”. G. dialoga con “minima” ansia e maggior partecipazione.
Tali risultati ci consentono di prevedere in G. un progressivo miglioramento della comunicazione con se stesso e una crescita della motivazione nei rapporti con gli altri.

Attenzione uditiva: mentre all’inizio dell’intervento per G. non era usuale l’attenzione al volto dell’interlocutore, in quanto era compromessa la relazione comunicativa duale, attualmente si evidenzia una buona capacità comunicativa facilitata dall’attenzione al volto dell’interlocutore tanta da esser richiesta da G. laddove manchi. Maggior richiesta di attenzione da parte degli altri con iniziativa comunicativa di qualità (con attenuazione quasi totale di argomenti a contenuto deliranti) di G.
Con gli oggetti intermediari, nel nostro caso gli strumenti sonori / ritmici, ma anche con il testo, nel caso delle drammatizzazioni, ha un approccio più attento e riflessivo. Rispetta le regole stabilite nel setting e si mostra disponibile al dialogo sonoro.


Conclusioni:

Ciò che è stato proposto è stato elaborato senza mai prescindere dalla persona nel pieno rispetto dei propri tempi e modi.
Questo perché la persona va sempre considerata nella sua globalità e quindi gli obiettivi devono essere necessariamente connessi, mentre ciò che cambia è la modalità specifica di intervento.
I risultati sono stati possibili perché si è venuto ad instaurare tra le persone (operatore / paziente) un buon legame affettivo e ciò può solo contribuire a dare maggior significato ad ogni minimo stimolo che viene proposto.
L’attenzione rivolta alla globalità della persona e l’ampia disponibilità all’apprendimento di un nuovo modello cooperativo, da parte degli operatori coinvolti, hanno permesso la realizzazione di una esperienza valida sul piano professionale e significativa su quello umano.

Appendice

Musicoterapia: numerose sono le definizioni della musicoterapia e tutte riconducono al patrimonio sonoro primario come indiscutibile veicolo atto all’apertura di canali emozionali e di comunicazione. E’ usuale definire la musicoterapia “una disciplina che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo di attivare, per loro tramite, il processo di socializzazione e di inserimento sociale”.
La musicoterapia in ambito riabilitativo, oltre a possedere una propria specificità applicativa, intervenendo globalmente con e per la persona, interagisce con altre tecniche quali: fisioterapia terapia occupazionale, educative, assistenziali socio sanitarie con funzioni educative, psicomotricità, logopedia.

Armonizzazione: una complessa successione di eventi, secondo la definizione di Moretti (1976), tesa a promuovere uno sviluppo armonico dei vari analizzatori sensoriali, motori, cognitivi e affettivi.
Il percorso terapeutico di armonizzazione riguarda i singoli analizzatori sensoriali e motori. L’obiettivo però non è quello di ottenere un funzionamento bene o sufficientemente progredito o addirittura sofisticato di uno o più di essi, ma cercare di portare ciascuno di essi ad integrarsi nell’organizzazione mentale complessiva del paziente stesso, in modo da creare una sufficiente fluidità nel gioco dei rimandi dal sensoriale al motorio e, nell’ambito del sensoriale , dal visivo al tattile, dal tattile all’olfattivo etc.

Sintonizzazione: nella relazione via via costruita verranno utilizzati escursioni parametriche armonizzanti di tipo sonoro musicale, al fine di favorire lo sviluppo di sintonizzazioni di natura affettiva. La sintonizzazione è la tecnica utilizzata per permettere l’armonizzazione.
Attraverso il suono e gli elementi che lo compongono si creano analogie, metafore rispecchiando non solo un comportamento/azione nei suoi aspetti formali e descrittivi, ma anche legati allo stato emotivo giungendo al processo di sintonizzazione nonché a momenti di intensa relazione empatica.

Il raggiungimento della sintonizzazione è determinato da una o più condizioni:

intensità assoluta: i livelli di intensità coincidono;
profilo di intensità: si segue la stessa linea di intensità nel tempo;
sincronizzazione temporale: gli scambi ritmici seguono la stessa pulsazione;
ritmo: viene eseguito in modo sincrono o antifonale;
durata: le produzioni sonore_musicali si estinguono nello stesso tempo e hanno uguale durata;
forma: durante la sintonizzazione viene colta da parte della persona l’analogia tra il suo comportamento e il corrispettivo comportamento sonoro-musicale del musicoterapista.

Si viene ad instaurare una intensa relazione di fiducia (rapport), ovvero una relazione empatica costruita mediante il ricalco del mondo interno del paziente. Una relazione o rapporto immediato e intenso attraverso la condivisione del mondo dell’altro.
Dall’interazione otteniamo il feedback di cui abbiamo bisogno per calibrare l’intervento, adeguandoci ai tempi di risposta del paziente.
I passaggi per l’instaurazione e il mantenimento del rapporto sono: matching, combaciamento, ricalco o rispecchiamento della fisiologia (respirazione, postura, tempo ritmo, motricità) e della mappa del mondo dell’altro (valori, credenze, capacità, comportamenti); pacing, andare al passo, mantenere il combaciamento per il tempo utile; leading il guidare, il condurre in una nuova direzione, in sintonia e accordo con la persona.

Concetto “ISO”: concettualizzazione dell’esistenza di uno o più suoni che sono caratterizzanti di ciascun individuo e gli sono propri. Tali elementi sonori derivano dalla memoria del vissuto sonoro intrauterino, dal vissuto sonoro che si stabilisce dalla nascita, dall’identità etnica e culturale.

I contenuti sonori-musicali che emergono nel corso degli incontri non sono mai causali, ma riflettono l’identità sonora della persona che verrà condivisa dal musicoterapista. Ciò che viene investigato, elaborato e rimandato è il vissuto sonoro-musicale interno, intimo.
Tutto questo avviene attraverso un complesso, articolato e raffinato gioco di scambi. Durante gli scambi si creano rimbalzi sonori basati su emozioni, stimoli nuovi, energie che contribuiscono ad ampliare il processo espressivo della persona, creando un codice comune che costituirà il punto di partenza per la comunicazione.

Oggetto intermediario: il concetto di oggetto intermediario è strettamente legato a quello del principio ISO. E’ uno strumento di comunicazione in grado di creare canali di comunicazione extrapsichici o di fluidificare quelli che si trovano rigidi o stereotipati.
L’oggetto intermediario è uno strumento di comunicazione che permette di realizzare una relazione senza scatenare stati d’allarme intensi.

Caratteristiche dell’oggetto intermediario (da Rojas Bermudez):

esistenza reale e concreta;
innocuità, che non scatena “per sé” reazioni d’allarme;
malleabilità, che possa essere utilizzata a volontà in qualsiasi gioco di ruoli complementari;
trasmettitore, che permette la comunicazione, sostituendo il vincolo e mantenendo la distanza;
assimilabilità, che permette una relazione così intima che il soggetto possa identificare con sé stesso;
adattabilità, che si adegui alle necessità del soggetto;
strumentabilità, che possa essere utilizzata come prolungamento del soggetto;
identificabilità, che possa essere riconosciuta immediatamente.

Protesi ACG(Controllo Automatico di Guadagno): protesi che permette una amplificazione ristretta a frequenze che risultano più compromesse.
Data l’ipocusia di tipo percettivo ciò consente una qualità di amplificazione meno disturbante e consente un controllo e gestione armonica/dinamica dei suoni/rumori ambientali con notevole beneficio da parte di G. nel rapporto comunicativo con gli altri.


Bibliografia (di riferimento):

Teoria della Musicoterapia (contributi alla conoscenza del contesto nonverbale)– Prof.Dr. Rolando O. Benenzon – CBCA12 1994
Il dialogo sonoro – M. Scardovelli – Cappelli 1992
Scuola Handicap Salute Mentale – G.Di Franco – R. De Michele (a cura di) - Idelson 1995
La musicoterapia per bambini disabili – E.H.Boxill – Omega 1991
L’armonizzazione dell’handicap in musicoterapia – P.Postacchini dispense corso di Musicoterapia Assisi P.C.C.
Musicoterapia: metodi, tecniche, formazione in Italia e in Europa - M.Piatti / P.Postacchini (a cura di ) Assisi P.C.C.
Musicoterapia – P.L.Postacchini, A. Ricciotti, M. Borghesi – Carocci 1997
Dalla educazione musicale alla Musicoterapia – L.M.Lorenzetti – G.Zanibon 1989

Discografia (di riferimento):

Robbie Robertson & The Red Road Ensemble: Music for the Native Americans (Capitol CD 7243 8 28295 2 2 )
Jan Garbarek / Ustad Fateh Ale Khan & Musicians from Pakistan: Ragas and Sagas (ECM CD 1442)
The Guo Brothers & Shung Tian: Yuan (Real Word CD 260 680 CDR W11)

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